Anche la Barriera Corallina rischia di finire nella “black list” Unesco

 La Grande Barriera Corallina potrebbe essere inserita in un elenco di siti Unesco "in pericolo", secondo le Nazioni Unite

La Grande Barriera Corallina come Venezia. Anche lo splendido angolo di oceano, oggi Patrimonio Unesco, potrebbe essere classificato come “in pericolo” e rischia di finire nella black list Unesco. Quest’ultima ha inviato una raccomandazione al Governo australiano invitandolo ad agire in fretta per tutelare il delicato ecosistema dai cambiamenti climatici e da tutte le altre minacce.
 
 La Grande Barriera Corallina potrebbe essere inserita in un elenco di siti Unesco “in pericolo”, secondo la raccomandazione dei funzionari delle Nazioni Unite, che hanno esortato l’Australia a intraprendere “un’azione accelerata a tutti i livelli possibili” contro i  cambiamenti climatici.

Secondo le Nazioni Unite, la decisione sarà presa dal 16 al 31 luglio quando il Comitato del Patrimonio Mondiale si riunirà in Cina. Si tratta dello stesso “rischio” che corre Venezia, minacciata soprattutto dalla presenza delle grandi navi. 

Ciò che è certo è che per l’Onu, la barriera corallina dovrebbe essere messa in una lista di siti del patrimonio mondiale “in pericolo” a causa dei danni subiti e che l’Australia non ha fatto abbastanza per proteggerla. Ma il Paese ha respinto al mittente le accuse, sostenendo che la colpa è soprattutto i cambiamenti climatici, certamente non imputabili solo al paese.

Ma dietro potrebbero esserci questioni politiche. Secondo quanto spiega la BBC, il Comitato del Patrimonio Mondiale è un gruppo di 21 nazioni presieduto dalla Cina, che ha avuto relazioni diplomatiche non proprio rosee con Canberra negli ultimi anni.

E il Governo australiano ha inviato una secca replica, rimanendo sbalordito dal “voltafaccia” dei funzionari delle Nazioni Unite. Questi ultimi in passato avevano rassicurato il paese sostenendo che la barriera corallina non avrebbe dovuto affrontare una tale raccomandazione prima della riunione del Comitato del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO ospitata dalla Cina a luglio.

Secondo il Ministro Lev

la Grande Barriera Corallina è quella gestita al mondo e questa bozza di raccomandazione è stata fatta senza esaminare la barriera in prima persona e senza le ultime informazioni. In un appello al direttore generale dell’UNESCO, Audrey Azoulay, con il ministro degli Esteri Marise Payne durante la notte, ho espresso l’insoddisfazione dell’Australia per il processo che viene seguito. Ho chiarito che contesteremo questo approccio imperfetto, che è stato adottato senza un’adeguata consultazione. 

Secondo il Governo Australiano, inoltre, visto che la minaccia dei cambiamenti climatici accomuna tutte le barriere coralline del mondo

 tutti i siti internazionali del patrimonio mondiale dovrebbero essere soggetti allo stesso processo. Concordo sul fatto che il cambiamento climatico globale sia la più grande minaccia per le barriere coralline del mondo, ma è sbagliato, a nostro avviso, inserire la barriera corallina meglio gestita al mondo nell’elenco di quelle “in pericolo”.

La Grande Barriera Corallina è patrimonio mondiale dal 1981 per la sua “enorme importanza scientifica e intrinseca”. Dopo che l’Unesco ha discusso per la prima volta del suo stato di “pericolo” nel 2017, il Governo Australiano ha impegnato oltre 3 miliardi di dollari per tutelarla. Tuttavia, diversi eventi di sbiancamento negli ultimi cinque anni hanno causato una diffusa perdita di corallo.

Secondo gli scienziati, la ragione principale è l’aumento delle temperature del mare a causa del riscaldamento globale e dai combustibili fossili. Di contro, nel 2019, l’autorità australiana per la barriera corallina ha declassato le condizioni della barriera corallina da povere a molto povere nel suo aggiornamento quinquenquenale. Eppure il paese si è mostrato riluttante a impegnarsi in un’azione climatica più forte, ad esempio sottoscrivendo l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni entro il 2050. Il Paese, grande esportatore di carbone e gas, non aggiorna i suoi obiettivi climatici dal 2015. L’attuale obiettivo di riduzione delle emissioni è del 26-28 per cento dei livelli del 2005 entro il 2030.

Non possiamo che augurarci che i timori legati alla raccomandazione Unesco possano spingere ulteriormente le autorità australiane ad agire per tutelare questo delicato ecosistema anche se, siamo certi, non basterà questo a salvarlo.

Per leggere il Report Unesco, clicca qui

 Fonti di riferimento: AWE, BBC,

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