I serpenti radioattivi di Fukushima aiutano gli scienziati a monitorare le conseguenze del disastro nucleare

La radioattività a Fukushima è ancora presente nell'ambiente attorno alla centrale. Un nuovo studio prova a comprenderne la pericolosità

Sono passati dieci anni dal disastro nucleare di Fukushima, ma la radioattività è ancora presente nell’ambiente attorno alla centrale. Un nuovo studio condotto sui serpenti prova a comprenderne la pericolosità

Il disastro nucleare di Fukushima (in Giappone) avvenuto nel marzo del 2011 è – insieme a quello di Chernobyl del 1986 – il più grave incidente nucleare della storia recente. Un’area di 400 chilometri quadrati attorno al reattore distrutto dallo tsunami è stata sgomberata e dichiarata pericolosa per la vita umana; circa 15.000 persone furono costrette a lasciare immediatamente l’area e non vi hanno mai fatto più ritorno.

Le radiazioni non hanno colpito, però, solo gli abitanti dei villaggi vicini al reattore, ma anche gli animali e la vegetazione: le conseguenze della dispersione di radioattività nell’ambiente circostante sono visibili ancora oggi, a dieci anni di distanza dall’evento. Ora gli scienziati stanno studiando la flora e la fauna locali per comprendere gli effetti a lungo termine di un’esposizione tanto prolungata alle radiazioni nocive.

(Leggi anche: L’acqua di rilascio di Fukushima può davvero inquinare i pesci che mangiamo?)

Uno studio condotto dall’Università della Georgia ha dimostrato che la contaminazione radioattiva è ancora presente nell’area interdetta di Fukushima e che può essere misurata attraverso indagini sui serpenti mangia-topi effettivi bioindicatori della radioattività residua e, in generale, della salute dell’ecosistema. Si tratta di una specie molto comune in Giappone: questi serpenti percorrono brevi distanze (al massimo 65 metri al giorno) e possono accumulare alti livelli di radiazioni grazie al loro contatto diretto con il suolo contaminato.

I nostri risultati indicano che il comportamento animale ha un largo impatto sulla sua esposizione alle radiazioni e sull’accumulazione di agenti contaminanti – spiegano gli autori dello studio. – I serpenti, per esempio, sono ottimi indicatori della contaminazione ambientale, perché trascorrono la maggior parte della vita sul suolo e nel terreno; inoltre sono i maggiori predatori nell’ecosistema e vivono molti anni.

Il team di ricercatori ha identificato 1.718 tane di serpenti durante un mese di esplorazioni nell’altopiano di Abukumakochi – circa 15 miglia a nord-ovest della centrale nucleare di Fukushima. Sono stati selezionati nove serpenti e, per monitorarli e seguirne i movimenti, sono stati istallati dei piccoli trasmettitori GPS sul loro corpo (attaccati sulla schiena degli animali con del nastro adesivo non tossico, in modo da poter essere rimossi senza danni per gli animali una volta concluso lo studio). I serpenti sono stati poi introdotti nei villaggi abbandonati dopo il disastro nucleare e sono stati lasciati liberi di muoversi nell’area: la maggior parte degli animali ha trascorso molto tempo nei granai e nelle fattorie abbandonati.

Alla fine del periodo di test, gli scienziati hanno registrato nel tessuto muscolare dei serpenti alti livelli di cesio-137: si tratta di livelli di contaminazione radioattiva certamente inferiori rispetto ai momenti immediatamente successivi al disastro nucleare (e ciò è dovuto al naturale processo di decadimento dei contaminanti nel tempo), ma sono necessari ulteriori studi per comprendere l’effettiva pericolosità di questi risultati.

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Fonte: University of Georgia

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