Distruzione massiccia della foresta amazzonica: la guerra commerciale USA-Cina minaccia 13 milioni di ettari

Non basta il disboscamento, la deforestazione a cui va già incontro. L'Amazzonia, soprattutto quella brasiliana, rischia di venire devastata a causa della guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina

Non basta il disboscamento, la deforestazione a cui va già incontro. L’Amazzonia, soprattutto quella brasiliana, rischia di venire devastata a causa della guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina.

A causa dei dazi imposti dallo scorso anno dalle rispettive potenze mondiali su alcuni prodotti, potremmo perdere 13 milioni di ettari di foresta Amazzonica.

L’anno scorso, gli Stati Uniti hanno introdotto tariffe fino al 25% su beni importati dalla Cina per un valore di 250 miliardi di dollari. Di contro, il governo cinese ha imposto tariffe del 25% su beni per 110 miliardi di dollari Usa, tra cui la soia, una coltura utilizzata principalmente per l’alimentazione animale. Di conseguenza, le esportazioni di semi di soia statunitensi in Cina sono diminuite del 50% nel 2018, anche se la guerra commerciale è iniziata solo a metà dell’anno.

Ma cosa c’entra con la foresta Amazzonica? La Cina sta cercando altrove la soia. Secondo un nuovo studio pubblicato su Nature, potrebbe verificarsi un’impennata della deforestazione tropicale a causa della nuova domanda da parte degli altri principali fornitori cinesi, che dovrebbero garantire al paese fino a 37,6 milioni di tonnellate di prodotto, la stessa quantità che il colosso asiatico importava dagli Usa.

Già due decenni di crescita nel mercato globale della soia hanno portato alla deforestazione su vasta scala della foresta pluviale amazzonica.

Dal 2016, il Brasile ha fornito quasi la metà delle importazioni cinesi di soia e ha le infrastrutture e l’area territoriale per aumentare rapidamente la produzione.

“Stimiamo che l’area dedicata alla produzione di soia in Brasile potrebbe aumentare fino al 39%, a 13 milioni di ettari, estrapolando dai dati più recenti (2016) dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO). Per fare un confronto, quasi 3 milioni di ettari di foresta pluviale sono stati bonificati nel 1995 e nel 2004, i due massimi anni di deforestazione del paese” spiegano gli scienziati.

La Cina dipende pesantemente dalle importazioni di semi di soia da tre partner commerciali. Il Brasile è il più grande, seguito dagli Stati Uniti e dall’Argentina. Novantaquattro altri paesi, tra cui la stessa Cina, producono insieme meno soia del solo Brasile. Per far fronte all’attuale deficit delle esportazioni statunitensi, la Cina potrebbe anche decidere di ridurre il suo uso di semi di soia ma sembra improbabile vista la crescente domanda di carne del paese. In alternativa potrebbe anche aumentare la propria produzione ma dovrebbe triplicarla. Anche questa possibilità sembra irrealizzabile dato il limitato terreno fertile disponibile per le colture.

grafico usa cina soia

L’ultima spiaggia, lo scenario più plausibile, vede quindi il Brasile in prima linea e con esso la Foresta Amazzonica. Prospettiva inquietante ma realistica visto che lo stesso presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, ha limitato i diritti alla terra degli indigeni a gennaio. La deforestazione è aumentata del 29% tra il 2015 e il 2016 ma ha subito un balzo del 50% tra agosto e ottobre 2018, durante la campagna elettorale presidenziale brasiliana.

Come se non bastasse, anche in passato le guerre commerciali tra vari paesi hanno provocato aumenti nella produzione di semi di soia in Brasile. È accaduto a seguito di un embargo statunitense del 1980 sulle esportazioni di soia verso l’Unione Sovietica, quando la quantità di terra destinata alla produzione in Brasile raddoppiò tra il 1990 e il 2010, a 24,2 milioni di ettari. Ciò ha prodotto circa un quarto della deforestazione annuale totale dell’Amazzonia.

“Esortiamo gli Stati Uniti e la Cina ad adeguare immediatamente i loro accordi commerciali per evitare questa catastrofe. Proponiamo anche alcuni dei più ampi cambiamenti necessari, a livello globale e all’interno delle nazioni, per proteggere le foreste tropicali dai mutevoli schemi commerciali” dicono gli scienziati.

A loro avviso i due paesi dovrebbero riconoscere pubblicamente il loro ruolo nella deforestazione tropicale e avviare un’azione immediata per rimuovere almeno le tariffe commerciali sulla soia. In più la Cina dovrebbe diversificare i propri fornitori.

Difficile, difficilissimo…

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Francesca Mancuso

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