“Chissà il bambino che mangia questo mais”: le intercettazioni scioccanti sui fanghi tossici illegali nei campi di Brescia

Sono queste le terribili parole ascoltate durante le intercettazioni sui fanghi tossici gettati nel Nord Italia

Ridevano mentre pensavano alle conseguenze che i loro atti criminali avrebbero provocato sui bambini: “Io ogni tanto ci penso. Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi. Sono consapevolmente un delinquente”. Sono queste le terribili parole ascoltate durante le intercettazioni sui fanghi tossici gettati nel Nord Italia.

Parole che fanno rabbrividire emergono dall’inchiesta che in queste ore ha portato alla scoperta di ingenti sversamenti di fanghi tossici nei terreni di alcune regioni del Nord. Veleni finiti in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna e che contenevano sostanze come metalli pesanti e idrocarburi. Le conseguenze per la salute umana e per l’ambiente erano motivo di risate per gli autori di questi atti criminali. 

Sono state le intercettazioni a rivelare agli inquirenti gli orrori legati alla consapevolezza dei crimini commessi anche a danno dei bambini, come ha evidenziato in un post il sindaco di Carpi, Alberto Belelli.

La vicenda

Secondo quanto accertato dai Carabinieri e illustrato anche dal Ministero dell’ambiente, il traffico illecito di rifiuti è stato realizzato tra il gennaio del 2018 e l’agosto del 2019. In questo periodo si sono concentrate le articolate indagini svolte dai Carabinieri Forestali del Gruppo di Brescia coordinate dal Sostituto Procuratore della Repubblica dott. Mauro Leo Tenaglia. Spacciati come fertilizzanti, i fanghi velenosi sono finiti su oltre 3mila ettari di terreni agricoli. A finire nel mirino degli investigatori è una società bresciana che opera nel settore del recupero di rifiuti.

L’azienda, a fronte di ampi guadagni, ritirava i fanghi prodotti da numerosi impianti pubblici e privati di depurazione delle acque reflue urbane ed industriali, da trattare mediante un procedimento che ne garantisse l’igienizzazione e la trasformazione in sostanze fertilizzanti. O almeno così doveva essere. Per massimizzare i profitti, spiegano le Autorità

la ditta ometteva di sottoporre i fanghi contaminati al trattamento previsto e anzi vi aggiungeva ulteriori inquinanti come l’acido solforico derivante dal recupero di batterie esauste. Infine, per disfarsi di tali rifiuti e poter continuare il proprio ciclo produttivo fraudolento, li classificava come “gessi di defecazione” e li smaltiva su terreni destinati a coltivazioni agricole situati nelle provincie di Brescia, Mantova, Cremona, Milano, Pavia, Lodi, Como, Varese, Verona, Novara, Vercelli e Piacenza, retribuendo a questo scopo sei compiacenti aziende di lavorazioni rurali conto terzi (cinque bresciane ed una cremonese).

… e quel mais destinato anche ai bambini

Secondo quanto riportato da Repubblica, a pronunciare le terribili parole è stato Antonio Carucci responsabile commerciale della Wte. Parlando con una collega che gli dice che quello che stanno facendo “è per il bene dell’azienda”, Carucci risponde: “Siamo talmente aziendalisti da non avere più pudore”.

Dalle tabelle emergono dati impressionanti – scrive il gip nella sua ordinanza che ha portato al sequestro degli impianti. – Nei campioni dei gessi in uscita dall’azienda e in spargimento le sostanze inquinanti (fluoruri, solfati, cloruri, nichel, rame, selenio, arsenico, idrocarburi, zinco, fenolo, metilfenolo e altri) erano decine, se non addirittura centinaia di volte superiori ai parametri di legge.

Illeciti che hanno garantito un guadagno pari a 12 milioni di euro. E tutto a danno della salute dei bambini e in generale della popolazione che vive in queste regioni

Fonte di riferimento: Repubblica Ministero dell’ambiente, Facebook/Barbara Meggetto,

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