Cicular economy: presentata la ricerca “L’Italia del Riciclo 2015”: l’industria del riciclo continua a crescere, soprattutto nel settore degli imballaggi, dei RAEE e della frazione organica
La circular economy cresce. Con la pubblicazione del nuovo pacchetto europeo sull’economia circolare, dal rapporto “L’Italia del Riciclo 2015”, realizzato da Fise Unire e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, esce fuori un dato importante: l’industria del riciclo continua a crescere, soprattutto nel settore degli imballaggi, dei RAEE e della frazione organica.
Il settore del riciclo in Italia si conferma così un pilastro importante della crescita dell’economia circolare, nonostante la riduzione dei consumi delle famiglie e della produzione industriale.
Nel 2014 il riciclo degli imballaggi ha registrato una crescita complessiva (+2% in termini assoluti) e l’incremento è evidente in tutte le filiere, con punte d’eccellenza nel tasso di riciclo in alcuni comparti come la carta (80%), l’acciaio (74%), l’alluminio (74%) e il vetro (70%), mentre la crescita più significativa la registra il legno (+10% da 1,4 mln di tonnellate a 1,539).
Segnali positivi arrivano anche dalle altre filiere: cresce la quantità di frazione organica raccolta in modo differenziato; cresce la quantità di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) raccolte (+3% rispetto al 2013) e si avvicina agli obiettivi europei il tasso di reimpiego e riciclo dei veicoli fuori uso, che raggiunge l’80,3% (ma è il recupero energetico a mancare l’obiettivo). Mostrano vitalità anche il riciclo degli pneumatici con 129mila tonnellate recuperate e quello dei rifiuti tessili, che aumenta del 12% con 124mila tonnellate.
“Il Rapporto evidenzia come il
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riciclo in Italia sia riuscito a resistere alla recessione prolungata restando competitivo”, ha dichiarato Anselmo Calò, Presidente di UNIRE, “Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi sui cambiamenti climatici appena concordati a Parigi, il riciclo di materia può svolgere una funzione fondamentale dovuta al risparmio di energia nella produzione di materie prime e quindi alle emissioni di CO2 evitate. Per far questo è necessario scoraggiare lo smaltimento in discarica e migliorare la qualità dei materiali raccolti, nonché razionalizzare e semplificare il contesto normativo. Anche in considerazione della discussione sul nuovo pacchetto sull’economia circolare, è necessario superare i punti non chiari e conflittuali fra le diverse legislazioni, in modo da agevolare il riciclo di materiali che non comportano rischi ambientali effettivi”.
Una crescita su tutti i fronti, dunque, che però ha ancora delle differenze tra le diverse Regioni. “Con le modifiche proposte dalla Commissione europea a tutte le Direttive sui rifiuti e, a fronte dei nuovi obiettivi di riciclo più impegnativi al 2025 e al 2030, sarà necessario recuperare anche le zone ancora arretrate, aumentare e migliorare le raccolte differenziate, procedere a rafforzare industrializzazione e innovazione nel settore”, sostiene Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.
Ma come fare perché le norme siano applicate norme in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale? Ebbene, se da un lato sarebbe necessario ridurre i costi amministrativi e burocratici e combattere le illegalità, dall’altro bisognerebbe sostenere le imprese per migliorare l’accesso al credito e ai fondi europei, alleggerire gli oneri burocratici del settore, semplificare gli iter autorizzativi ed emanare i regolamenti e le norme tecniche mancanti, tenendo conto anche delle nuove proposte di modifiche della Commissione europea.
IL PACCHETTO SULLA CIRCULAR ECONOMY – Una spinta importante per lo sviluppo del riciclo arriverà da queste proposte: secondo le stime della Commissione, infatti, il Pacchetto sulla circular economy porterà nell’Unione Europea, al 2030, ad un risparmio di 600 miliardi di euro, alla creazione di 580mila posti di lavoro e alla riduzione delle emissioni di carbonio di 450 milioni di tonnellate all’anno.
IMPORT e EXPORT di RIFIUTI in ITALIA – Questa edizione del Rapporto apre anche un focus sulle attività di import ed export dei rifiuti. Nel 2014 i rifiuti di origine urbana e industriale movimentati attraverso i confini italiani hanno raggiunto quasi i 10 milioni di tonnellate, 5,9 dei quali importati e 3,8 esportati.
L’import riguarda quasi esclusivamente imprese ed enti del Nord-Italia, che ricevono circa il 96% della quantità in entrata dall’estero, mentre l’export è un fenomeno che interessa anche il Centro-Sud, da dove parte quasi il 40% dei rifiuti. I Paesi europei risultano predominanti in entrambi i tipi di scambio, ma per l’import sono responsabili del 99% dei rifiuti in arrivo in Italia, mentre per l’export si fermano al 77% del totale in uscita.
Il 77% dei rifiuti importati è costituito da metalli, in larga parte di tipo ferroso, ai quali fa seguito il legno (11% sul totale importato). Per quanto riguarda invece l’export, il 24% del totale in uscita è formato da plastica e carta, ma la maggior parte dei rifiuti spediti all’estero, intorno al 60%, non rientra in nessuna delle tradizionali filiere merceologiche e si caratterizza per un’alta incidenza di pericolosi. I rifiuti importati vengono avviati a recupero di materia pressoché nella totalità dei casi, mentre quelli spediti all’estero risultano destinati a operazioni di recupero per il 70%. Tra il 2009 e il 2014, si è registrata una crescita del 60% dei rifiuti importati, mentre quelli esportati sono aumentati del 10%.
Dal raffronto tra import ed export, emerge come 450mila tonnellate di rifiuti importati (circa l’8% di quelli trasportati nel nostro Paese per essere trattati) equivalgono, per volume e tipologia, a rifiuti italiani spediti all’estero, con costi per noi spesso esorbitanti.
L’intero Rapporto lo potete scaricare dal sito www.associazione-unire.org (nella sezione “Pubblicazioni” dell’area pubblica) e dal sito www.fondazionesvilupposostenibile.org.
Germana Carillo
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