Deadly Environment: perdere la vita per difendere l’ambiente

Deadly Environment. Ambiente mortale. Per difendere il Pianeta si muore. Al taglio delle foreste vergini si accompagna la morte dei loro difensori. Tra il 2002 d il 2013 più di 900 persone sono state uccise in 35 Paesi del mondo mentre si trovavano impegnate nella protezione dell’ambiente. Il fenomeno è purtroppo in aumento, così come una vera e propria guerra per il controllo delle risorse naturali, dalla deforestazione, al land grabbing, fino all’accaparramento di acqua potabile.

Ambiente mortale. Per difendere il Pianeta si muore. Al taglio delle foreste vergini si accompagna la morte dei loro eroici difensori. Tra il 2002 d il 2013 più di 900 persone sono state uccise in 35 Paesi del mondo mentre si trovavano impegnate nella protezione dell’ambiente. Il fenomeno è purtroppo in aumento, così come si inasprisce sempre più la guerra per il controllo delle risorse naturali, dalla deforestazione, al land grabbing, fino all’accaparramento di acqua potabile.

A rivelarlo è Deadly Environment, l’ultimo rapporto pubblicato da Global Witness, che per il 2012 ha conteggiato ben 147 morti tra coloro che lottano direttamente per difendere l’ambiente. Nel 2002 i decessi, almeno quelli noti, erano stati “solo” 52. Il tasso di mortalità tra gli attivisti è salito al ritmo di 2 morti alla settimana negli ultimi 2 anni. Si contano anche 17 casi di persone scomparse, che si presume siano state uccise.

Probabilmente gli ambientalisti uccisi nel 2013 sono ben di più rispetto ai 95 nomi riportati. Lo ha annunciato l’organizzazione britannica che si è occupata di realizzare il documento finale. Vi sono infatti numerose difficoltà nel verificare gli omicidi che avvengono nelle aree più remote dell’Asia e dell’Africa.

Inoltre, non sono incluse nei conteggi regioni come la Repubblica Centrale Africana, lo Zimbabwe e il Myammar (Birmania), dove la società civile non ha alcun potere, nemmendo riunendosi in gruppi, e deve sottostare a regimi autoritari. I terreni, nelle zone più povere del mondo, sono oggetto di esproprio da parte delle multinazionali. Gli abitanti non vengono avvisati delle compravendite e nel giro di pochi istanti si ritrovano a perdere tutto ciò che hanno.

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Molte delle persone che vengono uccise sono semplici cittadini che si oppongono all’accaparramento di terra, alla creazione di nuove minierem, allo sfruttamento dei lavoratori e alle operazioni di distruzione delle foreste dell’industria del legname. Chi difende la propria patria viene allontanato con la forza dalla propria casa e il più delle volte rischia la vita. Altri vengono assassinati per aver protestato contro la creazione di dighe idroelettriche e l’inquinamento, o per essersi espressi a favore della tutela della natura e degli animali.

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In Honduras dal 2010 sono stati uccisi 93 contadini che avevano protestato contro la diffusione delle piantagioni di palme da olio. Il Paese dove si corrono più rischi è il Brasile. Si contano 448 morti tra il 2002 e il 2013 tra coloro che hanno lottato per difendere le risorse naturali. Più dell’80% delle uccisioni registrate riguardano l’America Centrale e Latina.

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Si tratta dell’analisi più approfondita del problema mai condotta fino a questo momento. Proteggere l’ambiente non è mai stato così importante come al giorno d’oggi. E non si era mai rivelato altrettanto mortale. La pubblicazione di Deadly Environment giunge a quasi 25 anni dall’assassinio di Chico Mendes, raccoglitore di caucciù e attivista brasiliano che ha lottato fino alla morte per difendere le foreste.

Scarica qui il rapporto Deadly Environment.

Marta Albè

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