Stiamo precipitando in un circolo vizioso climatico: l’allarme degli scienziati che nessuno sta ascoltando

Invece di impegnarci per combattere il riscaldamento globale, stiamo continuando ad autosabotarci. E le conseguenze di questa nostra scarsa lungimiranza si potrebbero rivelare fatali, come ribadito da un nuovo report scientifico

L’umanità non potrà resistere ancora a lungo sul nostro Pianeta, non in queste condizioni. Stiamo precipitando verso un circolo vizioso climatico: questa volta l’allarme arriva dagli scienziati  britannici dell’Institute for Public Policy Research (IPPR) e Chatham House, che hanno pubblicato un interessante report dal titolo “1,5°C – Vivi o morti?”.

Purtroppo siamo entrati in un nuovo capitolo della crisi climatica ed ecologica –spiega Laurie Laybourn, ricercatore presso l’IPPR. – La finta guerra sta volgendo al termine e le vere conseguenze ora ci pongono di fronte a decisioni difficili. Possiamo assolutamente virare verso un mondo più sostenibile e più equo. Ma la nostra capacità di navigare attraverso gli shock rimanendo concentrati sulla gestione della tempesta è fondamentale.

Il documento affronta una questione molto spinosa: ovvero come viene sfruttato il rischio crescente di violare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi per giustificare un’azione climatica meno urgente (per la serie “tanto è ormai una causa persa…”).

“Coloro che sostengono che è inevitabile il mancato raggiungimento del traguardo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C sono convinti che non possono essere fatti grandi cambiamenti sociali ed economici abbastanza velocemente o non desiderano affatto che avvengano” sottolineano gli esperti.

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“Questo è un circolo fatale: gli effetti della crisi crisi climatica attirano attenzione e risorse per affrontare le sue cause, portando a temperature più elevate e perdite ecologiche, che poi creano conseguenze più gravi, distogliendo ancora più attenzione e risorse, e così via.” si legge nel report.

report accordo parigi

@IPPR

Non possiamo continuare ad autosabotarci

Alla luce di ciò che stiamo vivendo (ondate record di calore e livelli di inquinamento sempre più elevati), è comprensibile che aumenti il cinismo e si spenga la speranza di riuscire a salvare il Pianeta, anche perché proprio nel 2022 le emissioni globali di CO2 hanno toccato un record storico. Tuttavia, come ribadito dagli scienziati del IPPR e Chatham House, questa non può essere un protesto per autosabotarci, ma piuttosto uno sprone che dovrebbe spingere l’umanità ad agire con magggiore urgenza.

“Lo shock legato al pensiero del fallimento dell’Accordo di Parigi potrebbe, ad esempio, portare a più pressione sui leader per realizzare profondi cambiamenti” suggeriscono.

Gli attuali livelli di riscaldamento globale stanno avendo effetti deleteri a livello ambientale e anche socio-economico. E a pagare il maggior numero di danni causati dai Paesi più industrializzati sono principalmente le popolazioni più povere e vulnerabili del mondo, che devono fare i conti con fenomeni estremi come inondazioni e trombe d’aria.

I disastri ambientali a cui stiamo assistendo negli ultimi anni potrebbero essere solo un assaggio di ciò che ci attende nel prossimo futuro.

“È necessario uno sforzo per aiutare le popolazioni ad affrontare e prepararsi per l’entità delle sfide a venire” ammonisce il team di esperti, ricordando l’importanza di pensare alle generazioni più giovani, che si ritroveranno a “navigare in una tempesta sempre più grande”.

Ma come rispondere a questa grave emergenza climatica? Secondo i ricercatori del Public Policy Research e Chatham House il mondo della politica gioca un ruolo decisivo in tal senso. Da un lato i leader globali dovrebbero fare di tutto per contrastare quelle narrazioni che ritardano o bloccano il raggiungimento del target dell’Accordo di Parigi e lavorare per favorire un cambiamento a livello di mentalità e di stile di vita; dall’altro, gli studiosi dovrebbero continuare a proporre analisi sui rischi dell’aggravarsi della crisi climatica, in modo da fare pressione sulle istituzioni e la società. Il tempo sta per scadere, spetta a noi scegliere come impiegarlo.

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Fonte: IPPR/Chatham House

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