Smettiamo di chiamarlo “maltempo”: il nubifragio che in Emilia Romagna sta portando morte e devastazione è crisi climatica

Mesi di siccità e poi acqua che porta morte e devastazione: mentre alla Camera si approvava il decreto per il Ponte sullo Stretto, in Emilia Romagna succedeva il finimondo. Cesena, Forlì e Faenza alluvionate, morti e dispersi, strade allagate o interrotte da frane e alberi caduti. In un tweet la Presidente Meloni parla di "forte maltempo". Ma siate onesti una volta per tutte: non è maltempo, è crisi climatica. E non la si può più negare

I gommoni in città in piena notte, mentre qualcuno grida “aiuto”. Le sirene, le ambulanze, i morti. Quella pioggia che ti restituisce morte non è normale. Non è normale un fiume che esonda seminando terrore, non è normale un uomo con sulle spalle un bambino e l’acqua che arriva fino al petto. Non è normale in nessuna parte del mondo che strade e case e comunità intere affondino letteralmente, sotto il peso della mala gestione.

Perché è anche di mala gestione che si tratta, e perché, se da un lato non dà tregua questo maltempo che maltempo non è – ma la rappresentazione nuda e cruda del fenomeno estremo con cui la crisi climatica ci sta insegnando a fare i conti –, dall’altro è il momento che coloro i quali hanno fatto in modo che si arrivasse a simili disastri si guardino allo specchio.

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La realtà ha superato le peggiori previsioni, tuona il Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini.

Sì ma quali erano le previsioni? La previsione concreta e lungimirante sarebbe stata (tempo addietro) che l’ondata di pioggia sarebbe arrivata, devastante, copiosa, incontrollabile, abbondante, com’è ormai dagli ultimi decenni.

Che finora fosse capitato in altre parti del mondo (quelle più povere) – che una alluvione spazzasse via intere città – non voleva dire che mai sarebbe capitato anche a noi qui, in questa parte del mondo milionaria e corrotta.

E “corrotta” è il termine giusto se dei nubifragi a Venezia, nelle Marche, a Sestri, a Forte dei Marmi, in Sicilia si è data notizia il tempo di un TG e poi si è fatto spallucce, tirando a campare e guardando ancora alle fonti fossili, piuttosto che mettere seriamente mano alla questione di una urgente transizione ecologica e a un rifacimento totale di infrastrutture e sistemi di sicurezza.

“Corrotta” è il termine giusto se negli anni si è guardato con bramosia al condono edilizio e ad accordi assurdi col miglior offerente, si è guardato a decreti che annebbiano la vista e la mente in nome di un fantomatico “sviluppo del Paese”, come quello sul ponte sullo Stretto di Messina, si è guardato a quel fiume di denaro pubblico che porta il nome di PNRR non già per sanare la fragilità dei nostri territori, ma come risorsa per armi e per opere dannose, per consumare ancora suolo, trivellare, cementificare.

Quella stessa Romagna della cementificazione selvaggia, delle auto e dei megastore, ora si dispera perché il suolo arido non riesce a contenere questa grande quantità di pioggia. Intanto la Diga di Ridracoli, da cui molti Comuni dipendono per l’acqua potabile, è stata parzialmente svuotata in via preventiva per evitare inondazioni, nonostante negli ultimi mesi l’acqua potabile scarseggiasse, tuonano anche i ragazzi di Fridays For Future”.

Tutto quello che succede ormai a intervalli regolari la politica insiste a chiamarlo maltempo, grazie anche alla gran parte dei mezzi di informazione. E insiste a non fare prevenzione, a non pulire i letti dei fiumi, a non prrendere decisioni qui e ora. Non è maltempo, è emergenza climatica, di cui abbiamo traccia ogni giorno e non solo quando ci ritroviamo ad affrontare alluvioni e frane.

QUI ti spieghiamo perché alluvioni e siccità sono collegate.

Cos’altro deve accadere per dichiarare lo stato di emergenza e mettere sul tavolo concrete politiche ambientali di mitigazione del danno? Le soluzioni ci sono e sono chiare: abbandonare i combustibili fossili e accelerare la transizione energetica verso un Paese 100% rinnovabile.

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