Clima, c’è un’intesa in Ue sulle emissioni (ma si continua a favorire i grandi inquinatori)

Riformato il sistema di scambio di quote di emissione, che sancisce il principio “chi inquina paga”, per ridurre ulteriormente le emissioni industriali e investire di più in tecnologie rispettose del clima: entro il 2030 la grande industria e il settore dell’energia dovranno diminuire le emissioni del 62%. Ma c'è un ma da parte delle ONG ambientaliste: con la riforma del mercato del carbonio fino al 2034 il clima è messo a rischio poiché l’Ue continua a favorire i grandi inquinatori

Dopo parecchie negoziazioni, le istituzioni europee hanno raggiunto nelle scorse ore un accordo sui connotati del nuovo mercato della CO2 dei Ventisette, l’Emissions Trading System. Per la prima volta al mondo un mercato della CO2 coprirà i trasporti via mare, ma ci sono altre importanti novità: la creazione di un Fondo sociale per il clima e la “carbon tax” alle frontiere, che applicherà il prezzo della CO2 dell’Ue ai prodotti importati di alcuni settori.

Il sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione europea (ETS), che sancisce il principio “chi inquina paga”, è al centro della politica climatica europea e fondamentale per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica dell’Ue. Fissando un prezzo alle emissioni di gas a effetto serra (GHG), l’ETS ha innescato riduzioni significative delle emissioni europee, dal momento che le industrie sono incentivate a ridurre le proprie emissioni ea investire in tecnologie rispettose del clima.

Maggiori ambizioni per il 2030

Secondo gli ultimi accordi, le emissioni nei settori ETS devono essere ridotte del 62% entro il 2030, rispetto al 2005, ovvero un punto percentuale in più rispetto a quanto proposto dalla Commissione. Per raggiungere questa riduzione, ci sarà una riduzione una tantum della quantità di quote a livello dell’Ue di 90 Mt di CO2 equivalente nel 2024 e 27 Mt nel 2026 in combinazione con una riduzione annuale delle quote del 4,3% dal 2024-27 e il 4,4% dal 2028-30.

Eliminazione graduale delle quote gratuite alle imprese e la carbon tax

Le quote gratuite per le industrie nell’ETS saranno gradualmente eliminate, mentre il meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (CBAM), su cui i deputati hanno raggiunto un accordo con i Governi dell’Ue per prevenire la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, sarà introdotto gradualmente alla stessa velocità con cui le quote gratuite nell’ETS verranno gradualmente eliminate. Il CBAM inizierà quindi nel 2026 e sarà completamente introdotto entro il 2034.

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Entro il 2025 la Commissione valuterà il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio per le merci prodotte nell’Unione europea e destinate all’esportazione in Paesi terzi e, se necessario, presenterà una proposta legislativa conforme all’OMC per affrontare tale rischio. Inoltre, si stima che 47,5 milioni di quote saranno utilizzate per raccogliere finanziamenti nuovi e aggiuntivi per far fronte a qualsiasi rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio legato alle esportazioni.

Inoltre, entro il 2030, la grande industria e il settore energetico dovranno ridurre le proprie emissioni del 62% rispetto a quando il sistema ha iniziato a funzionare, dal 2005. Da allora ad oggi il taglio è stato di quasi il 43%, ma la velocità della riduzione dovrà aumentare. Il fattore di riduzione lineare – la quantità di quote in meno che ogni anno vengono messe a disposizione –raddoppia, passando dal 2,2% l’anno di oggi al 4,3% dal 2024 al 2027 e al 4,4% dal 2028. Le compagnie di navigazione pagheranno per tutte le loro emissioni di CO2, metano e protossido di azoto dal 2027, cioè il sistema coprirà il 100% delle emissioni dal 2026.

Un ETS II per edifici e trasporti

Entro il 2027 sarà istituito un nuovo sistema ETS II separato per i carburanti per il trasporto su strada e per gli edifici, che fisserà un prezzo sulle emissioni di questi settori, un anno dopo rispetto a quanto proposto dalla Commissione. Come richiesto dal Parlamento, sarà coperto anche il carburante per altri settori come quello manifatturiero.

Inoltre, ETS II potrebbe essere posticipato fino al 2028 per proteggere i cittadini, se i prezzi dell’energia sono eccezionalmente elevati. In ogni caso, nel 2026 partirà il fondo sociale, 65 miliardi di risorse Ue con cofinanziamento nazionale fino al 25%. In totale, 86,7 miliardi fino al 2032.

“Ma il regalo è solo alle lobby”

Troppo pocodicono le ONG ambientaliste, secondo cui l’accordo sulla riforma del mercato europeo del carbonio, sulla carbon tax alle frontiere e sul Fondo sociale per il clima continua a favorire i grandi inquinatori: le industrie dell’acciaio, del cemento e della chimica continueranno infatti a ricevere quote di emissione gratuite fino al 2034, incassando secondo Carbon market watch l’equivalente di 400 miliardi di euro di sussidi.

I co-legislatori hanno deciso di continuare a distribuire miliardi di euro di “omaggi” ai grandi inquinatori a spesa dell’azione per il clima e della decarbonizzazione – dice Camille Maury, funzionaria dell’European Policy office del Wwf. È vero che le quote gratuite saranno condizionate a investimenti nell’efficientamento energetico e in alcuni casi alla presentazione di “piani di neutralità climatica”, ma le aziende che non rispetteranno il requisito riceveranno comunque l’80% del “regalo.

La percentuale di riduzione della Co2 richiesta ai settori coperti dall’Ets entro il 2030, poi, viene ritoccata al rialzo (dal 43 al 62%) ma non abbastanza se l’obiettivo è quello di contenere l’aumento delle temperature globali sotto la soglia limite degli 1,5 gradi.

Infine, il sistema ETS dal 2005 fissa un tetto alla CO2 totale che può essere emessa e impone a chi lo fa di acquistare tante quote quante sono le tonnellate di CO2 che diffonde nell’atmosfera. La sua efficacia nel ridurre le emissioni è compromessa dal fatto che ancora oggi a pagare sono quasi solo gli impianti di produzione di energia, di cui è stata in questo modo incentivata la progressiva decarbonizzazione, mentre l’industria inquinante riceve solo quote gratuite, “altrimenti le aziende europee sarebbero meno competitive” e potrebbero delocalizzare.

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Fonte: Parlamento europeo

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