Il buco dell’ozono sta guarendo e sta cambiando il flusso dei venti in tutto il mondo

Il buco dell'ozono ha raggiunto il minimo storico e ciò potrebbe influenzare anche la circolazione dei venti di tutto il mondo

Lo strato di ozono situato sopra l’Antartide è in via di guarigione. Secondo un nuovo studio, tale processo ha effetti a catena sulle correnti d’aria e sui venti che investono tutta la Terra.

Il buco dell’ozono nel 2019 ha raggiunto un minimo storico l’8 settembre 2019, toccando l’estensione più bassa osservata da decenni pari a  16,3 milioni di kmq. I prodotti chimici che riducono lo strato di ozono protettivo della Terra hanno innescato una serie di cambiamenti nella circolazione atmosferica dell’emisfero meridionale. Ora, una nuova ricerca pubblicata su Nature ha scoperto che questi cambiamenti si sono interrotti e potrebbero persino aver subito un’inversione. In questo studio, infatti, i ricercatori dell’Università del Colorado Boulder hanno dimostrato che il protocollo di Montreal potrebbe essere responsabile della sospensione o persino dell’inversione di alcuni preoccupanti cambiamenti nelle correnti d’aria intorno all’emisfero australe.

Il trattato internazionale adottato nel 1987 ha gradualmente eliminato la produzione di sostanze che distruggono l’ozono come i clorofluorocarburi (CFC). A partire dal 2000 circa, le concentrazioni di tali sostanze chimiche nella stratosfera hanno iniziato a diminuire e il buco dell’ozono ha iniziato a ridursi.

Così gli scienziati hanno cercato di dimostrare se il processo fosse legato alla riduzione del buco dell’ozono. Per far ciò,  hanno utilizzato una tecnica statistica in cui hanno rilevato se determinati modelli di variazioni del vento fossero dovuti alla sola variabilità naturale e se le eventuali variazioni potessero essere attribuite all’uomo e alle emissioni di sostanze chimiche.

Il buco dell’ozono, scoperto nel 1985, si forma ogni primavera nell’alta atmosfera sopra l’Antartide. L’esaurimento dell’ozono raffredda l’aria, rafforzando i venti del vortice polare e influenzandoli fino allo strato più basso dell’atmosfera terrestre. Di fatto, l’esaurimento dell’ozono ha spostato il flusso dei venti e le regioni asciutte ai margini dei tropici.

Precedenti studi hanno collegato queste tendenze di circolazione ai cambiamenti climatici nell’emisfero australe, in particolare alle precipitazioni in Sud America, Africa orientale e Australia, e ai cambiamenti delle correnti oceaniche e della salinità.

Usando simulazioni al computer, i ricercatori hanno prima determinato che la pausa osservata nelle tendenze della circolazione atmosferica non poteva essere spiegata da cambiamenti naturali dei soli venti. Successivamente, hanno isolato separatamente gli effetti dell’ozono e dei gas serra.

A quel punto, sono riusciti a dimostrare che mentre l’aumento delle emissioni di CO2 aveva continuato ad espandere la circolazione atmosferica verso il polo, solo i cambiamenti dell’ozono avrebbero potuto spiegarne l’interruzione. Inoltre, prima del 2000, sia l’esaurimento dell’ozono che l’innalzamento dei livelli di CO2 spingevano verso l’alto la circolazione atmosferica. Dal 2000, la CO2 ha continuato a spingerla verso il polo, bilanciando l’effetto opposto del recupero dell’ozono.

“Questo studio si aggiunge alle crescenti prove che dimostrano la profonda efficacia del protocollo di Montreal. Non solo il trattato ha stimolato la guarigione dello strato di ozono, ma sta anche guidando i recenti cambiamenti nei modelli di circolazione dell’aria nell’emisfero meridionale”, ha detto l’autore principale Antara Banerjee dell’Università del Colorado Boulder che lavora nella divisione di scienze chimiche della National Oceanic and Atmospher Administration (NOAA).

Lo strato di ozono si riprenderà anche a velocità diverse in diverse parti dell’atmosfera, secondo Banerjee. Ad esempio, si prevede che recupererà tornando ai livelli degli anni ’80 entro il 2030 per le medie latitudini dell’emisfero settentrionale e entro il 2050 per le medie latitudini meridionali, mentre in Antartide accadrà nel 2060.

“La definiamo una pausa perché le tendenze della circolazione al rialzo potrebbero riprendere, rimanere così o invertirsi”, ha detto Banerjee. “È il tiro alla fune tra gli effetti opposti del recupero dell’ozono e l’aumento dei gas a effetto serra che determineranno le tendenze future”.

Ll’impatto del protocollo di Montreal sembra aver messo in pausa, o leggermente invertito, la migrazione meridionale dei vento e per una volta questa è una buona notizia.

Fonti di riferimento: Eurekalert, Nature

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