Big Pharma emette più gas serra dell’industria dell’auto mondiale

L'industria farmaceutica emette più gas serra di quella automobilistica. È il nuovo inquietante risultato di uno studio, il primo del suo genere a valutare l'impronta di carbonio del settore farmaceutico

L’industria farmaceutica emette più gas serra di quella automobilistica. È il nuovo inquietante risultato di uno studio, il primo del suo genere a valutare l’impronta di carbonio del settore farmaceutico.

L’autore, Lotfi Belkhir, professore associato della McMaster University, ha scoperto che Big Pharma non solo fornisce un contributo significativo al riscaldamento globale ma è anche più inquinante rispetto al settore della produzione automobilistica.

“È stata una sorpresa scoprire quanta poca attenzione i ricercatori abbiano prestato alle emissioni di gas serra dell’industria. Solo altri due studi hanno avuto una certa rilevanza: uno ha esaminato l’impatto ambientale del sistema sanitario statunitense e l’altro l’inquinamento (principalmente dell’acqua) dei produttori di farmaci. Il nostro studio è stato il primo a valutare l’impronta di carbonio del settore farmaceutico” ha spiegato il prof. Belkhir.

I numeri parlano chiaro. Oltre 200 aziende rappresentano il mercato farmaceutico globale, ma solo 25 hanno reso note le loro emissioni dirette e indirette di gas serra negli ultimi 5 anni.

Gli scienziati hanno valutato le emissioni del settore per ogni milione di dollari di entrate nel 2015 scoprendo che erano pari a 48,55 tonnellate di CO2 equivalente per milione di dollari. La CO2 equivalente (CO2e) esprime l’impatto sul riscaldamento globale di una certa quantità di gas serra rispetto alla stessa quantità di anidride carbonica (CO2).

Il valore rilevato è circa il 55% più alto del settore automobilistico, pari a 31,4 tonnellate di CO2e / $ M nello stesso anno.

“Abbiamo limitato la nostra analisi alle emissioni dirette generate dalle operazioni delle società e alle emissioni indirette generate dall’elettricità acquistata dalle rispettive società di servizi pubblici” spiegano gli autori.

A quanto ammontano le emissioni globali del settore farmaceutico?

Secondo lo studio, nel 2015 erano pari a 52 megatonnellate di CO2e, più delle 46,4 megatonnellate di CO2e generate dal settore automobilistico nello stesso anno. Il valore del mercato farmaceutico, tuttavia, è inferiore a quello del mercato automobilistico. Per questo, il primo pur essendo il 28% più piccolo è il 13% più inquinante rispetto al secondo.

Chi inquina di più

L’intensità delle emissioni non è uguale per tutte le industrie farmaceutiche. Ad esempio, quella di Eli Lilly (77,3 tonnellate di CO2e / $ M) è stata 5,5 volte maggiore di Roche (14 tonnellate CO2e / $ M) nel 2015 e le emissioni di CO2 di Procter&Gamble sono state 5 volte superiori a quelle di Johnson&Johnson sebbene le due società abbiano generato lo stesso livello di ricavi e vendano linee di prodotti simili.

Gli scienziati hanno trovato anche valori anomali. La Bayer AG ha registrato emissioni pari a 9,7 megatonnellate di CO2e e ricavi di 51,4 miliardi di dollari USA, con un’intensità di emissione di 189 tonnellate di CO2e / $ M. Questo livello di intensità è più di quattro volte maggiore rispetto a quello del settore farmaceutico in generale.

“Nel tentativo di spiegare questa deviazione incredibilmente grande, abbiamo scoperto che i ricavi di Bayer derivano da prodotti farmaceutici, attrezzature mediche e prodotti agricoli. Mentre Bayer riporta le sue entrate finanziarie separatamente per ogni divisione, raggruppa le emissioni di tutte le divisioni. La società inoltre riferisce e tiene traccia dell’intensità delle emissioni in termini di tonnellate di CO2e prodotta per ogni tonnellata di manufatti, ad esempio fertilizzanti o aspirina” spiegano gli autori.

Ciò rende impossibile valutare le reali prestazioni ambientali di questo tipo di aziende e impedisce di sapere con certezza se le strategie adottate per contenere il loro impatto ambientale siano davvero utili.

Big Pharma rispetterà l’accordo di Parigi?

Lo studio ha stimato anche il taglio delle emissioni delle case farmaceutiche per rispettare gli obiettivi di riduzione dell’accordo di Parigi.

Entro il 2025, esse dovrebbero ridurre l’intensità delle emissioni di circa il 59% rispetto ai livelli del 2015. Anche se i risultati attuali non sono incoraggianti, c’è già chi si sta muovendo verso il raggiungimento di questo target, tra cui alcune delle 15 maggiori aziende come Amgen Inc., Johnson & Johnson e Roche Holding AG, che vantano anche il più alto livello di redditività e crescita dei ricavi.

Un’industria del farmaco più pulita non è solo possibile, ma necessaria.

Qui il testo dello studio

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Francesca Mancuso

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