Misure ambientali blande e sfruttamento dei braccianti: ecco perché l’Europa ha bocciato la PAC italiana

Altolà dell'Unione europea alla PAC presentata dall'Italia. Per la Commissione europea il piano non è sufficiente né coerente e gli obiettivi ambientali prefissati sono poco ambiziosi.

Dalla Commissione europea è arrivata un’altra bocciatura per il nostro Paese: semaforo rosso per il Piano strategico sulla Politica agricola comune (Pac) 2023-2027, presentato dall’Italia a fine dicembre. Per l’Ue la PAC italiana si è rivelata incompleta e incoerente. Sono numerosi, infatti, i punti criticati, a partire dalla scarsa ambizione nel settore della tutela ambientale e dall’utilizzo inadeguato delle risorse finanziarie.

All’Italia vengono “rimproverati” anche gli scarsi investimenti nel zone rurali, il pesante sfruttamento dei braccianti agricoli e la gestione dell’epidemia della peste suina africana. Vediamo punto per punto quali sono le critiche mosse nei confronti del piano italiano.

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Obiettivi ambientali poco ambiziosi e insufficienti

La PAC presentata dall’Italia si è rivelato insufficiente sul piano ambientale e non presenta degli obiettivi precisi da raggiungere.

Il piano, nella sua forma attuale, non è sufficiente. – spiegano da Bruxelles –La Commissione osserva che numerosi elementi del piano, descritti nelle sezioni successive, sono mancanti, incompleti o incoerenti; non è pertanto possibile effettuare una valutazione approfondita della coerenza tra l’analisi SWOT, le esigenze individuate e la strategia, né dell’ambizione e dell’accettabilità del piano. In particolare, in assenza di target finali quantificati per gli indicatori di risultato, non è possibile valutare l’adeguatezza e il livello di ambizione della logica di intervento proposta per ciascun obiettivo specifico.

Secondo la Commissione UE, è altamente improbabile che il piano proposto possa riuscire a proteggere la biodiversità dei terreni agricoli, delle foreste e  ridurre in maniera significativa le emissioni inquinanti.

Il piano non contiene elementi sufficienti per accertarne l’accresciuta ambizione in materia di ambiente e clima rispetto all’attuale periodo di programmazione. – sottolinea l’UE – I target finali degli indicatori di risultato non sono quantificati e diversi interventi sembrano mostrare continuità con il passato in termini di concezione e di dotazione finanziaria. Tenuto conto delle modifiche richieste nel presente allegato, si chiede all’Italia di completare le informazioni mancanti; rafforzare tutti gli elementi pertinenti del piano affrontando le esigenze ambientali e climatiche e conseguendo i relativi obiettivi.

Troppi braccianti ancora sfruttati

Nel documento redatto, la Commissione Ue si scaglia contro la piaga del caporalato, ancora troppo diffuso specialmente nei campi delle Regioni del Sud.

L’Italia dovrebbe rafforzare notevolmente la logica di intervento del piano per quanto riguarda lo sfruttamento della manodopera. Considerato il tasso molto elevato di irregolarità (oltre il 55 %) riscontrato nel settore agricolo italiano in questo campo, è essenziale affrontare la questione per garantire la stabilità economica, la competitività e la sostenibilità sociale delle aziende agricole italiane. – scrive l’Unione europea. – Per gli stessi motivi la Commissione accoglierebbe con favore un’applicazione efficace della condizionalità sociale sin dall’inizio dell’attuazione del piano.

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Scarsi investimenti nelle aree rurali

Inoltre, l’Italia è stata bacchettata per aver trascurato le aree rurali del Meridione, spesso lasciate totalmente isolate e dove in molti casi mancano ancora infrastrutture e la banda larga.

In linea con la visione a lungo termine per le zone rurali (COM/2021/345 final), la strategia proposta dovrebbe essere notevolmente migliorata per rispondere in modo adeguato alle persistenti esigenze di sviluppo delle zone rurali italiane (profondo divario tra zone rurali e urbane con riguardo a servizi di base, infrastrutture, disoccupazione, spopolamento, povertà, inclusione sociale, parità di genere e gruppi vulnerabili), assicurandosi che essa sia efficacemente mirata alle zone rurali più bisognose. – sottolinea la Commissione UE – Gli interventi, gli output e le dotazioni finanziarie proposti sono molto limitati rispetto alle sfide che dovrebbero affrontare.

Il nostro Paese è quindi caldamente invitato ad impegnarsi per ridurre il divario fra i cittadini che vivono nelle aree rurali e quelli che abitano in città.

Dipendenza dai fertilizzanti sintetici

Un altro punto sul quale si è soffermata la Commissione Ue è quello relativo all’uso dei pesticidi, fonte di inquinamento per l’ambiente e potenzialmente pericolosi per la salute dei cittadini.

In considerazione della guerra della Russia contro l’Ucraina, la Commissione esorta l’Italia ad adottare ulteriori misure per ridurre l’uso degli input stimolando l’agricoltura di precisione, l’efficienza energetica e la transizione dalla fertilizzazione minerale a quella organica. Tali azioni apportano il triplice vantaggio di mantenere la capacità produttiva, ridurre i costi e migliorare l’impatto ambientale e climatico dell’agricoltura. – scrive l’UE – La Commissione incoraggia caldamente l’Italia a beneficiare appieno delle possibilità offerte dagli interventi della PAC, utilizzandoli per aumentare la produzione interna sostenibile e l’uso di energie rinnovabili, compreso il biogas, migliorando nel contempo la resilienza economica delle aziende agricole.

Gestione inadeguata della peste suina africana

Infine la Commissione UE è intervenuta sull’epidemia di peste suina africa che hanno messo in allarme la Liguria e il Piemonte. Secondo l’Unione europea, gli sforzi messi in atto da queste Regioni sarebbero insufficienti.

Considerati i recenti casi di peste suina africana nell’Italia settentrionale, l’Italia è invitata a prendere in considerazione la possibilità di inserire un intervento mirato per limitare la diffusione della malattia – evidenzia Bruxelles – e migliorare la biosicurezza delle aziende suinicole, servizi di consulenza mirati o condivisione delle conoscenze e gestione dei rischi.

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Fonti: Commissione europea

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