Nelle fragole trovati ben 37 diversi pesticidi: lo studio shock su frutta e verdura spagnole

Sono ben 37 i pesticidi trovati nelle fragole vendute nel mercato spagnolo nel 2019. Lo studio shock sul multiresiduo

Non uno, né 2. Sono ben 37 i pesticidi trovati nelle fragole vendute nel mercato spagnolo nel 2019. Lo rivela un nuovo inquietante studio condotto da EDC-Free Europe e da Ecologistas en Acción. Che siano uno dei frutti più contaminati è indubbio, non solo in Spagna. Ma è allarmante sapere che le fragole del paese possano ospitare 37 diverse sostanze dannose per la salute.

Secondo quanto emerso del rapporto Directo a tus hormonas: Guía de alimentos disruptores, negli alimenti in vendita sul mercato spagnolo nel 2019 sono stati rilevati residui di 107 diversi pesticidi. Il 33,7% del cibo conteneva residui di pesticidi ma questa percentuale saliva al 44,4% considerando frutta e verdura.

Preoccupanti anche i dati relativi agli alimenti per l’infanzia. Lo studio ne ha rilevato la presenza anche nel 16,1% dei campioni esaminati. Ma sono state le fragole a conquistare la maglia nera, come mostra la tabella che segue:

pesticidi fragole

@ecologistasenaccion

Le fragole hanno 37 pesticidi diversi, 25 dei quali possono influenzare il sistema ormonale. Inoltre, il 31% dei residui rilevati appartiene a pesticidi non autorizzati a causa della loro tossicità.

Alcuni dei pesticidi utilizzati rimangono negli alimenti come residui invisibili e raggiungono la bocca dei consumatori. Per garantire che questi residui non superino i limiti massimi di sicurezza, l’Agenzia spagnola per la sicurezza e la nutrizione alimentare (AESAN) effettua controlli annuali su una serie di campioni di alimenti. Le sue ultime analisi, effettuate su campioni di alimenti a partire dal 2019, mostrano che il 98,3% dei campioni è conforme alle normative perché, sebbene abbiano residui di pesticidi, questi  sono al di sotto del limite stabilito. Ma queste analisi dimostrano anche che esiste una grande presenza di pesticidi negli alimenti venduti in Spagna. In particolare, il 34% di tutti i campioni analizzati conteneva uno o più pesticidi. Questa percentuale sale al 44,4% per gli ortofrutticoli. In alcuni campioni sono stati rilevati fino a nove diversi pesticidi.

Gli interferenti endocrini

La relazione ha prestato particolare attenzione alla contaminazione da pesticidi che colpiscono il sistema ormonale e i cosiddetti interferenti endocrini, visto che qualsiasi quantità di queste sostanze può causare danni alla salute, alla pari delle sostanze cancerogene. In altre parole, i livelli massimi di residui utilizzati dall’AESAN non proteggono da questi pesticidi per i quali l’unica protezione è vietarne l’uso. Inoltre, l’effetto combinato del cocktail di diverse sostanze mette la popolazione di fronte a un pericolo sconosciuto e impossibile da valutare, secondo la comunità scientifica.

La relazione denuncia inoltre che la Spagna continua a utilizzare un gran numero di pesticidi non autorizzati dalla legislazione europea. In particolare, il 31%o dei residui rilevati appartiene a pesticidi non autorizzati. Un esempio è quello del 1,3-dicloropropene, che non viene analizzato nei campioni nonostante sia il terzo pesticida più usato nel 2019 e classificato cancerogeno dallo IARC.

E l’Italia?

Neanche noi brilliamo purtroppo. Secondo il dossier “Stop Pesticidi” di Legambiente rilasciato a dicembre 2020, il 70% della frutta venduta in Italia contiene residui di pesticidi. E non si tratta solo di glifosato ma numerose altre sostanze trovate in frutta e verdura vendute nel nostro paese. Sempre la frutta è risultata essere la categoria dove più forte è il problema del multiresiduo: circa il 49,7% dei campioni analizzati contenevano infatti più di una sostanza chimica. Come nel caso della Spagna, gli alimenti che vantano il numero più elevato di pesticidi presenti contemporaneamente sono:

  • uva (nel 89,2% dei campioni analizzati)
  • pere (85,9%)
  • pesche (83,5%)
  • fragole (78,7%)
  • mele (75,9%)

Tutto il mondo è paese, purtroppo, quando si parla di pesticidi…

Per leggere lo studio completo, clicca qui

Fonte di riferimento: Ecologistas en Accion

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