Acqua bene comune?

Passa al Senato, dopo l’ok della Camera, il ddl per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque. Le polemiche di M5S e SI.

Acqua bene comune? Passa al Senato dopo l’ok della Camera, e non senza le solite bagarre (questa volta legittime?), il ddl per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque.

Il testo, approvato a Montecitorio con 243 voti a favore, 129 contrari e due astenuti, passa quindi ai senatori. Un risultato male accolto dai deputati del Movimento 5 Stelle e di Sinistra Italia che, esponendo bandiere sul referendum sull’acqua pubblica del 2011 e cartelli con su scritto “L’acqua non si vende”, hanno costretto il vicepresidente di turno Roberto Giachetti a sospendere la seduta.

LE NUOVE NORME

La proposta di legge vuole introdurre delle nuove regole sulla gestione, la pianificazione e il finanziamento del servizio idrico integrato e istituirebbe un Fondo nazionale di solidarietà internazionale (garantendo anche il diritto a un quantitativo minimo vitale di acqua pro-capite di massimo 50 litri giornalieri, anche in caso di morosità). Il testo della proposta di legge stabilisce che “il servizio idrico integrato viene considerato un servizio pubblico locale di interesse economico generale assicurato alla collettività, che può essere affidato anche in via diretta a società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione ‘in house´, comunque partecipate da tutti gli enti locali ricadenti nell’Ato” (ambito territoriale ottimale). (Fonte camera.it)

Inoltre, dovranno essere installati dei contatori per il consumo in ogni abitazione e in ogni attività produttiva o commerciale, favorendo della tele-lettura attraverso la rete elettrica.

Il provvedimento, inoltre, non dimenticherebbe di sancire il principio che “tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili e che il patrimonio idrico deve essere salvaguardato e rinnovato”. Priorità al consumo umano, rispetto agli usi agricoli o alimentari, per i quali va favorito l’impiego di acqua di recupero. Entro il 31 dicembre, il Governo dovrà quindi emanare un Dlgs per il rilascio e il rinnovo delle concessioni di prelievo di acque, compresi i casi trasferimento del ramo d’azienda. Il contributo di un centesimo per bottiglia di acqua minerale, in materiale plastico, andrà a sostenere progetti di cooperazione per l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari finanziati dal Fondo nazionale di solidarietà internazionale.

Perché le proteste del M5s e Sinistra italiana

Quanto all’affidamento della gestione in house dell’acqua, col nuovo ddl è caduta la formula “in via prioritaria”. Il che vale a dire che non per forza il servizio idrico pubblico locale dovrà essere affidato a società interamente pubbliche. Il servizio idrico non è più qualificato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, sottratto alla libera concorrenza e realizzato senza fini di lucro, ma come servizio pubblico locale di interesse economico. In particolare, poi, è soppresso l’articolo relativo alla ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato che prevedeva l’assoggettamento al regime del demanio pubblico di acquedotti, fognature, impianti di depurazione e le altre infrastrutture.

In più, M5S e SI protestano anche perché il provvedimento sancisce l’impossibilità di separare la gestione e l’erogazione del servizio e il loro necessario affidamento a enti di diritto pubblico (specificando la loro mancata soggezione al patto di stabilità interno relativo agli enti locali), mentre la disciplina del rilascio e del rinnovo delle concessioni viene rimessa a un decreto legislativo da adottare entro la fine dell’anno.

Germana Carillo

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