Stufe a pellet e camini: in Emilia Romagna scatta il divieto da ottobre. Ecco chi coinvolgerà

Caminetti aperti a legna e stufe a pellet, in Emilia Romagna per via della legge regionale anti-inquinamento, ne sarà vietato l'uso per chi vive nei comuni che si trovano a un'altitudine inferiore a 300 metri dal livello del mare

Caminetti aperti a legna e stufe a pellet, in Emilia Romagna per via della legge regionale anti-inquinamento, ne sarà vietato l’uso per chi vive nei comuni che si trovano a un’altitudine inferiore a 300 metri dal livello del mare.

Una direttiva che risale allo scorso anno ma tornata alla ribalta visto che i suoi effetti saranno validi dal 1° ottobre prossimo.

Cosa cambia per i comuni fino a 300 metri

Secondo quanto prevede la legge regionale, dal 1° ottobre 2018 al 31 marzo sarà in vigore il

“divieto di utilizzo di combustibili solidi per riscaldamento ad uso civile nelle unità immobiliari dotate di sistema multicombustibile, negli impianti con classe di prestazione emissiva inferiore a 2 stelle ovvero nei focolari aperti o che possono funzionare aperti, nei Comuni i cui territori sono interamente ubicati a quota altimetrica inferiore ai 300 m”.

Per ridurre l’inquinamento atmosferico quindi la Regione ha pensato di correre ai ripari. Lo stop riguarderà quindi gli impianti di riscaldamento domestico con generatore di calore caratterizzato da potenza termica nominale inferiore a 35kW nelle abitazioni in cui è presente un sistema alternativo di riscaldamento. Chi invece ha in casa un impianto classificato tra 2 e 5 stelle, quindi recente, o chi invece usa caminetto o stufa come unico mezzo di riscaldamento non dovrà sottostare al divieto. Dal prossimo anno, ossia dal’1 ottobre 2019, la misura sarà allargata anche ai generatori di calore alimentati a biomassa con classe inferiore a “3 stelle”.

Inoltre, da quest’anno sarà vietato installare nuovi generatori con classe inferiore alle “3 stelle” mentre dal 1° gennaio 2020 sarà vietato installarli con classe inferiore alla 4.

E il pellet?

Secondo le nuove norme sarà ancora possibile utilizzarlo per il riscaldamento ma solo se

“certificato conforme alla classe A1 della norma UNI EN ISO 17225-2 da parte di un Organismo di certificazione accreditato” si legge nel documento.

Cosa cambia per i Comuni che si trovano in parte al di sopra dei 300 metri

In questo caso, saranno i Comuni a dover individuare le zone situate al di sotto della quota cui si applica il divieto che, in caso di mancata individuazione, si applicherà a tutto il territorio comunale.

Le polemiche

Non sono mancati i malumori. Il sindaco di Tredozio Simona Vietina, il sindaco di Modigliana Valerio Roccalbegni, il sindaco di Dovadola, Francesco Tassinari, il sindaco di Rocca San Casciano, Rosaria Tassinari, il sindaco di Galeata, Elisa Deo, dopo l’incontro che si è svolto martedì presso la Regione hanno fatto sapere che almeno inizialmente non saranno previste sanzioni:

“Su questo punto continueremo a tenere aggiornati i cittadini con informazioni costanti. Tuttavia non ci fermiamo, una riflessione puntuale va assolutamente avviata. Sia chiaro che non siamo contro la riduzione delle emissioni in atmosfera e siamo consapevoli che queste sono norme anti-inquinamento. Ma contestiamo le modalità con cui si vuole procedere, con scarso coinvolgimento dei sindaci e senza un minimo di confronto preventivo. La normativa di fatto è particolarmente stringente e prevede il divieto di utilizzo di generatori di calore non certificati in tutti i Comuni, o porzioni di essi, al di sotto dei 300 metri di altitudine. Caminetti, stufe a legna, stufe a pellet non certificate, tutto vietato. Una scelta illogica visto che nel provvedimento ricadono anche Comuni appartenenti a ex Comunità montane e che la Regione stessa aveva dunque riconosciuto come montani”.

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Francesca Mancuso

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