Accusata di malnutrizione. Mamma vegana perde la custodia del figlio

Una madre perde suo figlio perché vegana. È successo davvero nella piccola cittadina di Luaris, in Francia, dove sospettata di maltrattamento, una coppia ha perso la custodia del loro bambino di cinque mesi, che pesava solo cinque chili.

Una madre perde suo figlio perché vegana. È successo davvero nella piccola cittadina di Luaris, in Francia, dove sospettata di maltrattamento, una coppia ha perso la custodia del loro bambino di cinque mesi, che pesava solo cinque chili.

Céline, Julien, il suo compagno, e Joachim, il loro bimbo, infatti, non sono più una famiglia da quando le autorità hanno accusato i genitori di aver imposto al piccolo una dieta vegana, con “mancanza di cure e di privazione di cure o alimenti compromettenti per la salute” . Quello che Oltralpe è stato ribattezzato “Affaire Joachim”, inizia con una visita medica presso l’ospedale “Timone” a Marsiglia, lo scorso 17 maggio.

Preoccupati di non vedere il neonato aumentare normalmente di peso, Céline e Julien, vegana lei e onnivoro lui, fanno visitare il figlio. I medici scoprono che il bambino pesa solo 4.950 kg, meno del peso medio di un bambino della sua età. Sul posto intervengono gli assistenti sociali, perché il bimbo sembra denutrito. E la madre viene accusata di aver imposto il suo regime alimentare, privo di crudeltà e derivati animali, al bimbo, ostacolandone la crescita.

Anche la scelta di sottoporre il bimbo solo ai vaccini obbligatori non convince affatto i sanitari, che tentano di fare pressione sui genitori per optare per una vasta vaccinazione. Risultato? Da quattro mesi il bambino è in un centro di accoglienza di Avignone. Oggi pesa 7 kg e i genitori possono andare a trovarlo quattro volte a settimana, per due ore. Ma soffre ancora di problemi di stitichezza cronica, nonostante una dieta ricca di acqua, magnesio, prugne e persino supposte di glicerina.

“I medici preferiscono ignorare questo fatto e si sforzano di cercare problemi psicomotori ipotetici con test invasivi estremamente dolorosi e per lo più ingiustificati, come una biopsia muscolare. Oggi, un bambino di sette mesi è chiuso in un asilo nido e i suoi genitori non lo possono visitare per più di otto ore a settimana. Immaginate il suo shock, dopo aver vissuto con la sua famiglia circondato d’amore. Immaginate debba sentirsi perso, abbandonato, privo di ogni segno emotivo”, si legge nel testo di una petizione lanciata dai genitori si Change.org.

La battaglia legale di Céline e Julien, intanto, è in pieno corso: rigettano il provvedimento giudiziario e affermano che Joachim è stato alimentato normalmente e non è mai stato sottoposto a qualsiasi tipo di dieta. “Hanno detto che non lo nutrivamo, che lo abbiamo volontariamente denutrito per tre mesi e mezzo . E mi hanno anche detto che la mia dieta era un problema e che io appartenevo a un modo di vivere filosofico, che mi imponeva di dare al bambino solo pochi millilitri di latte al giorno“, ha detto Celine, che ha nutrito il figlio con latte di riso per lattanti acquistato in farmacia.

Rifiutandosi di far passare il suo veganesimo per una “deriva settaria”, lei e il suo compagno hanno fatto appello contro la decisione. Il processo è appena iniziato presso la Corte d’Appello di Nimes. Il Veganismo della mamma non è ammesso come capo d’accusa, ma è tacitamente considerato un’anomalia che comporta necessariamente risvolti educativi devianti”, spiega Emmanuel Ludot, l’avvocato della coppia. Anche perché la formula di latte di riso utilizzata dalla mamma sarebbe indicata proprio per l’alimentazione dei neonati, tanto da essere prescritta nei casi di intolleranze alimentari dei piccoli.

I genitori, che per non interferire con la decisione dei giudici hanno deciso di chiudere il loro blog, sapranno il 14 novembre se potranno riavere la piena custodia del bambino, unica vera vittima di questa caccia alle streghe, delle paure e delle credenze, a volte infondate, che anocra oggi circolano in campo medico sul veganesimo. La “giustizia” è ancora disposta a ignorare il buon senso?

Roberta Ragni

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