Creme solari: quelle ad alto fattore provocano davvero carenza di vitamina D?

Carenza di vitamina D, e se fossero i filtri solari?

Carenza di vitamina D, e se fossero i filtri solari? Vi è una correlazione tra carenza di vitamina D e creme ad alta protezione? Raccomanda di andare con i piedi di piombo la Società italiana di Medicina Estetica secondo la quale ci sarebbero evidenze scientifiche per cui le creme solari potrebbero schermare i raggi solari tanto da provocare insufficienza di vitamina D. Ma ciò è vero in minima parte: le creme per proteggersi dal sole vanno usate sempre e comunque.

La vitamina D, riconosciuta come un ormone e non come una vitamina, è fondamentale per la salute umana. Oltre al suo ruolo fondamentale nel metabolismo osseo, è coinvolta in diversi processi, tra cui la modulazione della crescita cellulare, le funzioni neuromuscolari e immunitarie e la riduzione delle infiammazioni. Di conseguenza, la sua carenza, oltre ai disturbi ossei, è anche legata a una vasta gamma di altre malattie, comprese condizioni metaboliche, cardiovascolari, autoimmuni e tumori.

La vitamina D, coinvolta nel metabolismo di calcio e fosforo, può essere sintetizzata endogenamente a livello della pelle con l’esposizione alla luce solare, ma può essere anche assunta con la dieta, soprattutto con i grassi animali.
I fotoni UV-B agiscono sulla provitamina D3, nelle membrane plasmatiche delle cellule epidermiche per formare previtamina D3, che a sua volta si trasformano rapidamente in vitamina D3. Quest’ultima viene trasferita nello spazio extracellulare ed è trasportata nei capillari del derma collegata alla proteina (alfa-1-globulina) legante la vitamina D (DBP).

In considerazione di questo processo, è chiaro che lo stato di vitamina D è strettamente correlato all’esposizione ai raggi UV-B, la cui quantità dipende dal tempo di esposizione, dalla latitudine e dall’altitudine, dall’abbigliamento, dalla pigmentazione della pelle, dall’età e, secondo un recente documento, anche dalla crema solare.

Il suo uso, infatti, potrebbe essere correlato a una riduzione nella produzione di vitamina D. Tuttavia, l’importanza dei filtri solari è ampiamente accettata dalla comunità scientifica: sopra il livello molecolare, infatti, i raggi UV del sole danneggiano il DNA cellulare della pelle, creando mutazioni genetiche che possono portare anche al cancro della pelle.
Per questo motivo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha identificato i raggi solari UV come possibili cancerogeni umani, con studi che lo collegano a tumori della pelle non melanomatosi e a melanomi (secondo i dati, attualmente tra 2 e 3 milioni di tumori della pelle non melanoma e più di 130mila tumori melanoma si verificano a livello globale ogni anno), oltre al graduale processo di invecchiamento precoce della pelle.

raggi solari

Pertanto, l’uso dei i fattori di protezione solare (SPF) rimane raccomandato per la loro azione profilattica sulla fotocarcinogenesi, perché progettati per filtrare la maggior parte della radiazione del sole.

Tuttavia, in dosi giuste i raggi UV hanno anche effetti benefici sull’uomo, come la produzione di vitamina D, la produzione di serotonina, il suo effetto disinfettante, perché limita la proliferazione di batteri, e per la cura di alcune patologie dermatologiche.

Da quanto emerge dal congresso SIME, insomma, alcune prove suggerirebbero che potrebbe esserci una correlazione tra i filtri solari e la carenza di vitamina D, sebbene l’influenza del sole sui livelli di vitamina D rimanga una questione ancora fortemente dibattuta.

Facendo leva su un recente studio sull’effetto dei filtri solari sulla vitamina D, gli studiosi hanno voluto ora analizzare l’effetto di una protezione solare SPF50+ sulla produzione di vitamina D cutanea e sui livelli circolanti di 25(OH)D3 (ossia la vitamina D trasformata in forma attiva dal fegato) in base alle diverse aree superficiali del corpo, le cosiddette BSA (body surface area).

Le BSA sono state classificate in quattro gruppi: testa e mani (gruppo I), testa, mani e braccia (gruppo II), testa, mani, braccia e gambe (gruppo III) e corpo totale (gruppo IV). I risultati hanno mostrato una riduzione della produzione di vitamina D cutanea variabile dal 75,7 al 92,5% a seconda del gruppo BSA considerato.

Tuttavia – spiega Domenico Centofanti, vicepresidente SIME – i valori della vitamina D 25(OH)D3 circolante risultavano diminuiti solo del 7,7-13,2%. Pertanto, nonostante una grave riduzione della vitamina D cutanea, i livelli di vitamina D 25(OH)D3 circolanti D3 sono risultati influenzati in modo modesta”.

Gli autori dello studio concludono dunque che l’uso a breve termine dei filtri solari non esercita un impatto importante sui livelli di 25 (OH) D3 circolante, ma rimane da stabilire se questo sia vero anche per l’uso cronico di filtri solari ad alta SPF.

Il dibattito sulla ‘relazione pericolosa’ tra creme solari ad elevato SPF e carenza di vitamina D è ancora aperto e, anche in considerazione della mancanza di prove certe su questo argomento, sarebbe auspicabile condurre ulteriori studi per far luce sulla associazione tra queste due variabili”.

Rimaniamo, quindi, della ferrea idea che non ci si possa esporre al sole senza aver prima applicato sulla pelle una crema con filtro solare.

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Germana Carillo

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