Longevità: scoperta la variante genetica che ritarda l’invecchiamento

Il segreto della longevità, così tanto cercato e studiato, potrebbe essere finalmente stato individuato. E non a caso risiede nel DNA e in particolare una variante genetica presente in 80% degli ultracentenari del Pianeta

Il segreto della longevità, così tanto cercato e studiato, potrebbe essere finalmente stato individuato. E non a caso risiede nel DNA

Longevità, come vivere più a lungo? Questione di geni, anzi, di varianti genetiche. Se esiste una particolare e precisa caratteristica nel DNA, infatti, si ha a disposizione una potente arma che fa resistere meglio e più a lungo termine allo stress cellulare. E quindi farebbe invecchiare meglio.

È questa la conclusione cui sono giunti alcuni ricercatori italiani che, all’ospedale Saverio De Bellis di Castellana Grotte, in provincia di Bari, hanno analizzato diversi studi condotti in tutto il mondo su 15 mila persone di diversa età, etnia e stili di vita e hanno evidenziato come presente una modifica genetica nell’80% dei centenari dell’intero pianeta.

La scoperta, pubblicata sulla rivista Nucleic Acid Research della Oxford University Press, ha in pratica messo a fuoco il funzionamento della variazione di un singolo frammento del DNA.

E allora, se il segreto dei centenari del Cilento risiede nella scarsa presenza di uno specifico ormone e di quelli di Icaria sta in un’alimentazione decisamente sana, questa volta a finire sotto i riflettori è il gene FOXO3. E la variazione prende il nome di SNP.

Abbiamo scoperto – spiega il coordinatore della ricerca, Cristiano Simone – che le persone nate con questa caratteristica genetica hanno una potente arma in più per resistere allo stress cellulare e quindi per invecchiare meglio, resistere meglio a condizioni sfavorevoli, come quelle legate a clima o all’alimentazione, e alle varie patologie legate all’invecchiamento: dal diabete a quelle cardiovascolari, al cancro”.

Secondo i ricercatori, le persone che hanno questa particolare caratteristica genetica potrebbero essere più resistenti anche agli effetti avversi delle terapie mediche e oncologiche, così come potrebbero avere una più bassa probabilità di essere colpiti da malformazioni fetali in gravidanza, o diabete nella vita adulta.

Questa scoperta potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci e alla diagnostica, perché “consente di prevedere tramite screening l’effetto che può avere un farmaco prima della somministrazione”.

Un nuovo strumento, quindi, che consentirà di valutare il rischio di malattie e ritardare l’invecchiamento. Un giorno saremo tutti esseri bionici centenari e indistruttibili?

Leggi anche:

Germana Carillo

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook