Disturbo bipolare: c’è correlazione con la Vitamina D?

Il disturbo bipolare è un problema della sfera psichiatrica che, in alcuni casi, risulta di difficile diagnosi. Adesso una nuova ricerca ha trovato una correlazione con una proteina legata alla Vitamina D che potrebbe in qualche modo aiutare ad avere una diagnosi precoce e di conseguenza ad intervenire prontamente in caso si presenti questo disturbo in bambini e adolescenti.

Il disturbo bipolare è un problema della sfera psichiatrica che, in alcuni casi, risulta di difficile diagnosi. Adesso una nuova ricerca ha trovato una correlazione con una proteina legata alla Vitamina D che potrebbe in qualche modo aiutare ad avere una diagnosi precoce e di conseguenza ad intervenire prontamente in caso si presenti questo disturbo in bambini e adolescenti.

In che modo i livelli di vitamina D nel sangue possono essere collegati al disturbo bipolare? Hanno indagato e sono giunti ad una conclusione importante su questo aspetto alcuni ricercatori dell’Ohio State University che hanno visto poi pubblicati i risultati del loro studio sulla rivista Translational Psychiatry.

I ricercatori americani nello studio pilota, condotto presso l’Harding Hospital del Wexner Medical Center dell’Ohio State, hanno preso a campione 36 ragazzi (di cui 13 sani, 12 con diagnosi di disturbo bipolare e 11 con grave depressione). Gli scienziati si erano proposti di esaminare i fattori che potrebbero essere coinvolti nei disturbi dell’umore a livello cellulare e i marcatori che si trovano nel sangue. È stata così trovata una correlazione significativa tra disturbo bipolare ed eccessiva presenza di una proteina che risulta legata alla Vitamina D.

Analizzando il sangue di tutti i partecipanti si è infatti visto che solo i ragazzi che soffrivano di disturbo bipolare avevano valori più alti del 36% di questa sostanza. La scoperta è importante in quanto potrebbe aiutare a velocizzare la diagnosi di disturbo bipolare fin dall’età infantile utilizzando un semplice esame del sangue. Attualmente, come ha dichiarato Ouliana Ziouzenkova, autrice principale dello studio, passano in media addirittura 10 anni tra la comparsa dei primi sintomi della malattia e una vera e propria diagnosi.

Il vantaggio principale di avere a disposizione dei marcatori ematici che possano dare un’indicazione utile sulla patologia presente sarebbe indubbiamente quello di poter iniziare subito delle adeguate terapie.

Naturalmente il campione analizzato è molto piccolo e sono necessari ulteriori studi che confermino il risultato ottenuto. Sono gli stessi ricercatori ad affermare che, per ulteriori ricerche, ci vorrà del tempo ma Ziouzenkova e i suoi collaboratori sono entusiasti del potenziale della loro scoperta e dei benefici che potrebbe offrire ai bambini e alle loro famiglie.

Come ha dichiarato Barbara Gracious, co-autrice e professoressa associata di psichiatria e nutrizione clinica nello stato dell’Ohio:

“Il disturbo bipolare dell’infanzia può essere molto difficile da distinguere da altri disturbi, specialmente nei giovani con determinati tipi di depressione. Una diagnosi tempestiva e un trattamento appropriato allevia la sofferenza del bambino e della famiglia e può potenzialmente ridurre il rischio di suicidio”

La dottoressa Ziouzenkova sta attualmente cercando supporto per uno studio più ampio in cui si propone di anlizzare del sangue già raccolto da un gruppo di pazienti con disturbo bipolare e questa volta saranno compresi anche gli adulti.

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