Viaggi nell’anima, parte I: superare il lutto dell’illusione. Il Cercatore

Talvolta accettiamo situazioni comode e abitudinarie ma senza attrattiva, oppure situazioni opposte, consapevolmente scomode e autodistruttive. Ma come prendere coscienza di tutto il malessere che sta vivendo e ricominciare?

Esistono momenti, nella vita di ciascuno di noi, in cui le cure palliative contro l’insoddisfazione non hanno più effetto.
La tristezza, l’incapacità di agire, l’isolamento prendono il sopravvento e tutto pare perduto, prevale un senso di smarrimento totale e ci si domanda come si sia potuto arrivare fino a quel punto. Cosa accade?

Accade che talvolta accettiamo situazioni comode e abitudinarie ma senza attrattiva, oppure situazioni opposte, consapevolmente scomode e autodistruttive, per confermare il nostro non essere meritevoli di amore.

Tutto ciò ci sembra la strada più semplice, innocua, scontata, temporanea, oppure ineluttabile, che però si rivela una trappola pericolosissima dalla quale sembra impossibile tirarsi indietro. Quando ci “accontentiamo” di vivere una non vita, ecco che inesorabilmente cominciamo a morire lentamente.

I sintomi di questo male esistenziale, dovuto magari a ferite infantili non curate, si manifestano con un senso di isolamento e progressiva apatia, un’aggressività talvolta rivolta contro il sé, che a volte arriva addirittura a coinvolgere il corpo.

Tutto ciò avviene fino a che qualcosa dentro di noi, piano piano, con fatica, si sveglia.

È il nostro bambino interiore, quel nucleo originario di energia vitale e primaria, che ci porta a sentire, di colpo, tutta l’incoerenza che le nostre aspirazioni abbandonate urlano, il ritrovarsi in una strada scelta per inerzia, il susseguirsi di ferite mai guardate, mai piante o celebrate. In qualche modo, attraverso la presa di coscienza del nostro dolore, possiamo ricominciare a vivere.

In un certo senso è come se il nostro cuore congelato e stremato, necessitasse di fare il lutto dell’illusione e dovesse prendere coscienza di tutto il malessere che sta vivendo prima di ricominciare.

Il Cercatore

the key di michele pastrello 2

Joseph Campbell, saggista statunitense, molto vicino ai temi junghiani relativi al mito e agli archetipi dell’inconscio collettivo, ha definito “Viaggio dell’Eroe” (linkaffiliazione) il percorso che tutti noi siamo chiamati ad affrontare per separare noi stessi dalle cose precostituite a priori, riconoscere la realtà per ciò che è realmente, esplorare la nostra interiorità ed infine conquistare la Saggezza.

L’Eroe deve essere disposto a discendere all’inferno per affrontare i Demoni, perché è lì che si trova il Tesoro. Il Tesoro rappresenta la ricompensa per il coraggio di aver intrapreso il cammino ed aver affrontato l’Ombra. È il recupero dei nostri talenti, la consapevolezza delle nostre capacità e del nostro potere“.

Le fasi di transizione più difficili della nostra vita, di trasformazione e morte psicologica, sono delle fasi evolutive importantissime che ci permettono di sperimentare e sviluppare una figura archetipica (o modello interno) piuttosto che un’altra.

Il viaggio inizia appunto accettando di vedere ciò che ci fa più male: l’orfano dentro di noi, innocente e perduto che reclama le sue attenzioni. Questo simbolo è nato nei diversi momenti di vita in cui ci siamo sentiti inadatti, non amati, non protetti o messi alla prova da eventi traumatici: i lutti, le separazioni, le delusioni affettive. Momenti in cui ci si aspetta si sia “un altro” a salvarci e si ha come l’impressione che il destino e le circostanze esterne siano molto più forti della nostra.

Accettare di guardare l’orfano e smettere di fingere che vada tutto bene riporta alla coscienza di ciò che eravamo prima di quelle ferite e inesorabilmente ci riconnette alla volontà di non essere più vittime. È cosi che nasce il cercatore.

Esiste una leggenda azteca narrata nel libro di Clarissa Pinkola Estes nel suo libro “Donne che corrono coi lupi” (linkaffiliazione): la loba. La Loba indica che cosa dobbiamo cercare: la forza vitale indistruttibile, le “ossa”. La loba gira per fiumi e caverne cercando ossa di lupo e quando ne ha raccolte a sufficienza comincia a cantare.

Con il suo canto “il deserto si scuote, il lupo apre il gli occhi e corre via, e mentre finisce in un fiume diventa una donna“. Dalle ossa l’orfano risveglia la sua voce-anima, che attraverso il respiro ritrova la verità del proprio potere e del proprio bisogno. Si può intaccare la coscienza e piegarla, si può perdere sotto una coltre di neve, stravolgere con i segni dell’abbandono o delle ferite, ma essa non muore, perché esiste un sé durevole e persistente, legato alla vita e al gioco. Con le ossa doloranti si può vivere in un deserto freddo, dove ci si sente deprivati di ogni privilegio, ma lo stesso deserto può insegnare le cose preziose della sopravvivenza.

La ricerca ci permette di apprendere che tutto ciò che stiamo cercando è dentro di noi.

Datevi il permesso di piangere, il permesso di urlare,il permesso di sentire il vostro cuore e la vostra storia. Da una radice che sembra morta la vita ritorna, a primavera.

Dott.ssa Alice Bacchin

Qui ha inizio il nostro viaggio, diviso in quattro articoli a firma della dottoressa Alice Bacchin, psicologa drammatista, separati sul tema della ciclicità vita-morte-vita che si concluderà con la visione emblematica in anteprima di The Key – il viaggio (qui il teaser) un cortometraggio emozionale e sensoriale dell’artista video Michele Pastrello.
Nel prossimo articolo parleremo di come riconoscere il predatore interno che, se nutrito, ci trattiene in uno stato di passività e non esistenza e di come favorire lo sviluppo del cercatore e la sua evoluzione in eroe.

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