Traffico di organi: il terrificante destino dei migranti che non pagano

Un polmone, il fegato, il cuore possono valere fino 15mila dollari l’uno. Organi che vengono prelevati dai trafficanti di esseri umani, ai migranti che non hanno i soldi per pagarsi il viaggio verso l’Europa.

Un polmone, il fegato, il cuore possono valere fino 15mila dollari l’uno. Organi che vengono prelevati dai trafficanti di esseri umani, ai migranti che non hanno i soldi per pagarsi il viaggio verso l’Europa.

Ad aggiungere un tassello importante alle indagini che da tempo sono in corso sul traffico di organi sono le dichiarazioni di Nuredin Atta Wehabrebi, 32enne eritreo che da qualche anno, collabora con la giustizia italiana.

Atta era uno dei capi che gestiva il post “viaggi della speranza”, oggi è il primo trafficante di esseri umani pentito. Nel suo curriculum ci sono solo affari illeciti emersi nell’operazione Glauco 3. E nei suoi racconti, la cosa più sconvolgente sono le parole sul traffico di organi.

“Talvolta i migranti non hanno i soldi per pagare il viaggio che hanno effettuato via terra, né a chi rivolgersi per pagare il viaggio in mare, e allora mi è stato raccontato che queste persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani, che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di circa 15.000 dollari. In particolare questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche”, ha detto Atta alla Procura di Palermo.

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Parole atroci che, pur non essendo sufficienti a far chiarezza sulla reale esistenza di un traffico di organi internazionale, alimentano ulteriormente le ipotesi degli investigatori e smentiscono chi grida in rete che sia tutta una bufala.

Prima di arrivare a Roma, Atta aveva vissuto a lungo in Libia. Proprio nella capitale italiana offriva i suoi servizi: pacchetti viaggio completi. Secondo i magistrati della Procura di Palermo, l’uomo era uno dei capi promotori capace di “gestire con metodi professionali i clienti”, ovvero i migranti: uomini, donne e bambini disperati e disposti a tutto pur di cambiare vita.

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Atta era una sorta di operatore turistico del traffico di esseri umani internazionale: offriva la via di fuga ai migranti dopo l’arrivo in Italia e assieme alla complicità di diversi autisti italiani organizzava il trasbordo verso il nord e poi l’estero. Tutto era curato nei minimi dettagli: documenti falsi e matrimoni combinati con italiani per usufruire poi del ricongiungimento familiare.

Il costo delle nozze? 7500 a persona all inclusive: pagamento anticipato di mille euro, viaggio e matrimonio falso in Africa, permanenza minima di 22 giorni e rientro in Italia. Dettagli tutti emersi nell’operazione della Procura di Palermo che grazie alla collaborazione del pentito ha ordinato il fermo di 38 persone accusate, a vario titolo, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e altri reati.

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Tra i racconti del pentito, primo straniero ammesso a un programma di protezione e fonte ritenuta attendibile, emerge anche l’accenno al traffico di organi. L’ex scafista, condannato a 5 anni, avrebbe deciso di collaborare “perché ci sono stati troppi morti in mare”. Ma la morte, stando alle sue parole, era solo il tragico epilogo di un business degli orrori.

“I morti di cui si viene a conoscenza sono una minima parte, solo in Eritrea otto famiglie su dieci hanno avuto vittime. E chi dopo essersi impegnato non aveva i soldi per pagare il viaggio, veniva venduto anche per 15 mila euro a gruppi, soprattutto di egiziani, che si occupavano di espiantare e vendere organi”, ha detto Atta.

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Il tutto ovviamente non facendo nessuna distinzione tra uomini, donne e bambini.

Per la prima volta in Italia, secondo gli investigatori, il pentito ha fornito una ricostruzione completa di tutte le attività criminali riconducibili ad una delle più potenti bande transnazionali dedite sia al traffico di migranti in Nord Africa con cellule attive ad Agrigento, Palermo, Roma e diversi Paesi europei, che al traffico di armi e droga.

Nei verbali viene descritto anche il business legato all’utilizzo dei gommoni usa e getta, ovvero imbarcazioni di scarsa qualità, “made in China”, che venivano caricati all’inverosimile per affrontare solo poche miglia in mare, causando così l’inevitabile morte di centinaia di migranti.

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I “fortunati” arrivati in Italia venivano accolti da Atta che li gestiva, facendoli fuggire dai centri di accoglienza. I suoi pacchetti avevano tariffe ben precise riservate ai migranti: 800 euro per arrivare in Svezia, 500 per raggiungere l’Olanda e addirittura 5000 euro con tanto di passaporto italiano falso per andare in Canada.

La centrale delle transazioni finanziarie era a Roma, in una profumeria, dove è stato sequestrato mezzo milione di euro e 25mila dollari in contanti.

In una telefonata intercettata all’inizio del 2014, l’indagato parlava di visti da riutilizzare modificando il nome, da consegnare e vendere direttamente in Etiopia, perché “quando c’è il denaro tutto è possibile”.

Accanto a questo dramma c’è anche quello di tantissimi minori non accompagnati, che ogni giorno scompaiono, su di loro si cela l’ennesimo dubbio, ovvero che siano vittime innocenti e indifese di un possibile e quanto mai atroce sistema di traffico di organi internazionale.

Dominella Trunfio

Foto di repertorio su esportazione di organi

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