La recensione contro i disabili che indigna il web (e la risposta super di iacopo Melio)

Ma è Lercio? Forse in molti se lo saranno chiesto leggendo l'assurda recensione. Su Tripadvisor un uomo posta una lamentele dal titolo “Il pacco è servito”, commentando il suo soggiorno in una struttura turistica dove si trova in vacanza con i figli al seguito.

Ma è Lercio? Forse in molti se lo saranno chiesto leggendo l’assurda recensione. Su Tripadvisor un uomo posta una lamentela dal titolo “Il pacco è servito”, commentando il suo soggiorno in una struttura turistica dove si trova in vacanza con i figli al seguito.

Fin qui nulla di strano se non fosse che le lamentele dell’uomo in questione fossero per la presenza nel villaggio di “una miriade di ragazzi disabili”.

Il buon padre di famiglia che premette “di non discriminare ci mancherebbe sono persone che la vita gli ha reso grandi sofferenze”, accusa la direzione della struttura di non essere stata leale perché, a parer suo, avrebbe dovuto avvisarlo della presenza di persone disabili. E sempre perché non discrimina nessuno, lui avrebbe spostato la sua vacanza in un’altra data.

D’altronde lui aveva prenotato questa vacanza per far divertire soprattutto i suoi figli che, stelline di papà, non potevano essere sottoposti a questo tipo di “spettacolo”.

“Vi posso assicurare che per i miei figli non è un bello spettacolo vedere dalla mattina alla sera persone che soffrono su una carrozzina. Sto valutando o meno di intraprendere una via legale per eventuali risarcimenti”, si legge nella recensione da brividi.

disabilita commento

Lo ripetiamo nel caso non si fosse capito: non è uno scherzo. Esiste veramente un uomo che non discrimina nessuno, ma non vuole che i suoi figli soffrano nel vedere altri bambini o adulti in carrozzella.

LEGGI anche: #VORREIPRENDEREILTRENO: LA CAMPAGNA DI UN RAGAZZO DISABILE CONTRO LE BARRIERE ARCHITETTONICHE

Immediata la segnalazione della blogger Selvaggia Lucarelli e ancora più interessante la risposta di Iacopo Melio, l’attivista per i disabili conosciuto per la sua campagna #vorreiprendereiltreno, postata sulla sua pagina Facebook:

Caro testa a pinolo…

No, non ho niente contro i pinoli e neanche contro le “teste a pinolo”, ché un po’ anche la mia ci somiglia. Ma avrei potuto iniziare questa lettera diversamente, ad esempio chiamandoti “testa di c…”.

E allora ecco, credo che “testa a pinolo” possa essere un giusto compromesso tra il mantenere superiorità intellettuale mostrando rispetto e educazione, e lo sfotterti un po’ richiamando ugualmente “alla testa di cazzo” che hai dimostrato di essere.

Sì, caro il mio testa a pinolo. Ho saputo che sei stato in vacanza e che qualcosa è andato storto. Un gruppo di disturbatori ha infranto il tuo progetto di relax in mezzo al verde. Che magari te lo eri pregustato per tutto l’anno chiuso all’aria condizionata del tuo ufficio, in piena città, otto ore per cinque giorni tra noia e frustrazione.

Caro il mio testa a pinolo, nessuno poteva prevedere che in mezzo a cotanto grigiore non avresti resistito allo sbalzo della bellezza che irrompe, magica, nella vita di qualcuno.

Lo sbalzo emotivo è stato insostenibile perché, si sa, un disabile è una persona triste per natura, e quando qualcosa si rivela come non pensavamo che fosse ci destabilizza. Quando qualcosa sconfina dall’etichetta sociale che siamo soliti dargli, un po’ per rassicurare noi stessi e un po’ per sentirci migliori, si perde la bussola.

Per quelli infatti, i disabili che soffrono tanto (per definizione, appunto), ci sono gli ospedali, le case di cura e di riposo. Che se si chiamano “di cura” è normale che soffrano e se si chiamano “di riposo” va da sé che non è certo naturale per loro ballare, o cantare, o fare escursioni all’aria aperta come fanno tutti gli altri. Magari ridono anche, t’immagini?

Ecco. E allora? Cosa diamine si è inceppato nel magico cerchio della vita ai tuoi occhi miopi?

Caro il mio testa a pinolo… Mi trovo qui a scriverti due righe perché non so se un giorno anche io avrò dei figli come te. In realtà non so neanche se avrò un lavoro che mi permetterà di sognare una vacanza, ma andiamo per gradi: di certo una cosa l’ho ben chiara in testa, ed è la responsabilità genitoriale.

Se mai un giorno avrò dei figli vorrò insegnare loro che la vera disabilità è negli occhi di chi guarda, di chi non comprende che dalle diversità possiamo solo imparare. Disabile è chi non è in grado di provare empatia mettendosi nei panni degli altri, di mescolarsi affamato con altre esistenze, di adottare punti di vista inediti per pura e semplice curiosità.

Citando una tua frase. “I disabili sono persone che purtroppo la vita gli ha reso grandi sofferenze ma vi posso assicurare che per i miei figli non è un bello spettacolo vedere dalla mattina alla sera persone che soffrono su una carrozzina.”

Ecco, caro il mio testa a pinolo. Se un giorno avrò dei figli saranno sicuramente più fortunati dei tuoi che, poveracci, di colpe non ne hanno. Più fortunati perché scopriranno che la mia carrozzina non è né più né meno di un paio di scarpe nuove con le quali iniziare viaggi, avventure, sogni, destini, speranze.

Se un giorno avrò dei figli sapranno che il dolore, quello vero, è nascosto nell’indifferenza e non nella malattia. Che i brutti spettacoli del mondo ce li ha sempre “regalati” la cattiveria umana e mai la dignità. Che il mondo è popolato da persone diverse ma con gli stessi diritti. Che non esiste libertà abbastanza grande di quella che possiamo prenderci per essere felici.

Perché vivere significa questo: esser messi in condizioni di poter fare del nostro destino ciò che si vuole, senza mancare di rispetto (ah, che bella parola!) a chi ci sta intorno.
Quindi, caro il mio testa a pinolo… Non solo io in vacanza ci vado, quest’anno, come tutti gli altri anni. Ma ci andranno anche Marco, Matteo, Laura, Sara, Ilaria, Fabrizio, Ginevra, Alessandro… E tutti i ragazzi “speciali” di questo mondo, che di speciale non hanno niente se non la loro unicità: come me che ti ho scritto questo papiro di robe sconclusionate, forse, mosso da una frustrante sensazione di impotenza, e come te, caro testa a pinolo, che della vita non hai capito proprio niente.
Iacopo Melio
PS: “Bastava che la gente mi avvisava”… Il congiuntivo! Almeno il congiuntivo…

Ogni altro commento, aggiungiamo noi, risulterebbe superfluo.

Dominella Trunfio

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