I volti dei migranti africani sbarcati in Italia di cui nessuno parla (FOTO e VIDEO)

Ci sono anche due bambini di appena due mesi di vita, ci sono donne incinta, uomini affannati che hanno viaggiato per giorni in piedi. I loro volti sono segnati dal vento e dalla stanchezza, ma appena arrivano al porto di Reggio Calabria, trovano ancora la forza di sorridere. Sono finalmente arrivati sulla terraferma

Ci sono anche due bambini di appena due mesi di vita, ci sono donne incinta, uomini affannati che hanno viaggiato per giorni in piedi. I loro volti sono segnati dal vento e dalla stanchezza, ma appena arrivano al porto di Reggio Calabria, trovano ancora la forza di sorridere. Sono finalmente sulla terraferma.

Nei giorni scorsi 590 migranti sono arrivati nel porto reggino, è stato il primo sbarco del 2016 nella città dello Stretto. Tra di loro c’erano 361 uomini, 79 donne e 151 minori.

Le quattro imbarcazioni su cui viaggiavano sono state avvistate a circa 40 miglia a nord di Tripoli dalla nave militare Aviere, in missione nell’Operazione “Mare sicuro”.

Ad aspettarli al porto, tra forze dell’ordine, personale medico e tantissimi volontari, c’era anche un numero ristretto di giornalisti, principalmente di testate locali. Sui media nazionali, invece, nessuna copertura, solo qualche breve lancio di informazione, principalmente perché a bordo della nave militare c’era anche un morto. Tutti gli altri sono rimasti volti e corpi inesistenti.

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L’amara considerazione di un’intera giornata passata al porto reggino è che gli africani non fanno più notizia, perché tra le altre colpe hanno anche quella di provenire dalla Nigeria, dalla Costa d’avorio, dal Burkina Faso e via dicendo.

In un momento storico in cui l’attenzione è focalizzata sulla questione siriana e sui confini greci, 590 persone arrivate clandestinamente in Italia e smistate nei centri di accoglienza di Puglia e Calabria, passano inosservate.

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Eppure esistono. Ci sono bambini di appena due mesi di vita, donne incinta e uomini che hanno viaggiato per giorni in piedi.

Generalmente sono gommoni dai 10 ai 12 metri, omologati per portare 10 persone, noi ne troviamo più di 120-130, vi lascio immaginare lo spazio vitale che ha ognuno di loro, possono solo poggiare i piedi e molti non riescono neanche a sedersi, spiega Emiliano Pezzin, Capitano di fregata della Marina militare.

Stanno per giorni in mare, quindi le condizioni sono veramente al limite. In uno di questi gommoni abbiamo trovato una salma ma ci siamo resi conto della sua presenza, solo dopo che avevamo sbarcato metà delle persone. Erano talmente accalcati, che non si riusciva a vedere ciò che c’era sotto, continua Pezzin.

Noi troviamo queste persone senza dispositivi di salvataggio, ci sono donne in stato di gravidanza e bambini. A bordo ce n’erano due, di cui uno di appena due mesi. Bambini che noi a casa teniamo al sicuro e invece li troviamo in viaggio da due giorni, al freddo e al gelo. Provengono da paesi dove non c’è il mare e molti lo vedono per la prima volta. La maggior parte, non sanno neanche nuotare e non si rendono conto che muovendosi sull’imbarcazione la fanno rovesciare, conclude il Capitano.

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Un triste scenario quanto mai attuale, di cui noi di greenMe.it abbiamo deciso di parlare perché non esistono immigrati o rifugiati di serie A o di serie B ma uomini, donne e bambini che vanno trattati come esseri umani, al di là della loro provenienza geografica.

Foto e testo: Dominella Trunfio

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