Biocarburanti: l’UE limita la produzione per favorire le colture alimentari

La produzione di biocarburanti in Europa non deve danneggiare l'agricoltura né influenzare negativamente il clima. È questa la nuova linea di condotta della Commisione Ue, che ha reso pubbliche le sue intenzioni attraverso una proposta volta a limitare a livello mondiale la conversione dei terreni alla produzione di biocarburanti

La produzione di biocarburanti in Europa non deve danneggiare l’agricoltura né influenzare negativamente il clima. È questa la nuova linea di condotta della Commisione Ue, che ha reso pubbliche le sue intenzioni attraverso una proposta volta a limitare a livello mondiale la conversione dei terreni alla produzione di biocarburanti, a vantaggio del clima.

Secondo la nuova proposta, la quota di biocarburanti derivati da alimenti sarà limitata al 5% fino del conseguimento dell’obiettivo del 10% di energie rinnovabili fissato dalla direttiva sulle energie rinnovabili. L’idea della Commissione europea è quella di stimolare lo sviluppo di biocarburanti alternativi, detti anche di seconda generazione, derivanti da materie prime non alimentari, come i rifiuti o la paglia, che emettono gas a effetto serra in quantità decisamente inferiori ai carburanti fossili e non interferiscono direttamente con la produzione alimentare mondiale.

Un passo non di poco conto, se si considera che per la prima volta nella valutazione delle prestazioni dei biocarburanti (chiaramente sotto il profilo delle emissioni di gas serra) si terrà conto del cambiamento indiretto della destinazione dei terreni. Günther Oettinger, Commissario per l’Energia, a tal proposito ha dichiarato: “La proposta offrirà nuovi incentivi ai biocarburanti che danno i migliori risultati. In futuro i biocarburanti emetteranno molti meno gas serra e ridurranno la fattura per l’importazione di carburanti.”

Cosa cambierà? La proposta della Commissione riguarda la modifica dellla normativa vigente sui biocarburanti attraverso la direttiva sulle energie rinnovabili e la direttiva sulla qualità dei carburanti, e in particolare prevede:

  • l’aumento al 60% della soglia minima di riduzione dei gas a effetto serra per i nuovi impianti al fine di migliorare l’efficienza dei processi di produzione dei biocarburanti;

  • l’inclusione di fattori del cambiamento indiretto della destinazione dei terreni nelle dichiarazioni dei fornitori di carburanti e degli Stati membri sulle riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra dei biocarburanti e bioliquidi;

  • la limitazione al livello di consumo attuale, ossia al 5% fino al 2020, della quantità di biocarburanti e bioliquidi derivati da colture alimentari che possono essere contabilizzati ai fini dell’obiettivo UE del 10% di energia rinnovabile nel settore dei trasporti entro il 2020;

  • la possibilità di introdurre incentivi per i biocarburanti di seconda e terza generazione derivati da materie prime che non implicano una domanda supplementare di terreni, tra cui le le alghe, la paglia e vari tipi di rifiuti. Questi hanno un impatto basso e in alcuni casi nullo in termini di emissioni.

Questo il commento di Connie Hedegaard, Commissaria per l’Azione per il clima: “Se vogliamo che ci aiutino a contrastare i cambiamenti climatici, i biocarburanti che usiamo devono essere autenticamente sostenibili. Dobbiamo quindi investire in biocarburanti che determinino un’effettiva riduzione delle emissioni e non facciano concorrenza alla produzione alimentare. Non escludiamo ovviamente i biocarburanti di prima generazione, ma inviamo un segnale chiaro: in futuro l’aumento nell’impiego dei biocarburanti deve basarsi su biocarburanti avanzati, perché qualsiasi alternativa risulterà insostenibile.”

Da tempo le associazioni ambientaliste chiedevano un’attenzione particolare sulla questione. La potenziale conversione di aree forestali e di pascoli per l’alimentazione dei veicoli, che nel 2010 era stimata attorno ai 69mila chilometri quadrati, avrebbe potuto far aumentare le emissioni di CO2 proprio come l’immesse sul mercato di decine di milioni di nuove auto. Con conseguenze nefaste anche per il clima. Nel 2009, l’UE aveva fissato un nuovo obiettivo per gli Stati Membri per far in modo che il 10% dei carburanti utilizzati provenissero dalle rinnovabili, compresi i biocarburanti, dando di fatto il via libera al biodiesel tradizionale.

L’anno successivo le autorità europee fissarono la certificazione della sostenibilità dei carburanti verdi, secondo cui i biocarburanti commercializzati ed acquistati nel territorio comunitario rispettassero determinati criteri e standard qualitativi di eco-compatibilità. Anche un dossier di Greenpeace, del 2011, aveva mostrato le conseguenze legato ai cambiamenti climatici connesse ai biocarburanti. Secondo gli ambientalisti, questi ultimi accelerano la deforestazione e il cosiddetto ILUC ossia il cambio d’uso dei suoli indiretti, togliendo terreni alla produzione di cibo.

Per questo sarebbero stati considerati anche più dannosi anche dei combustibili fossili stessi.

Francesca Mancuso

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