Come riconoscere cibi apparentemente vegan che in realta’ non lo sono

Vegan in un mondo non-vegan? Parola d'ordine: Attenzione! Per chi è vegan come me soprattutto all'inizio ma anche quando per una ragione o per un'altra si trova di fronte a prodotti nuovi o mai acquistati prima (magari all'estero o in vacanza) è davvero una guerra o meglio è come essere sbalzati in un film di Indiana Jones…una continua ricerca e scoperta di tutto ciò che contiene sottoprodotti animali e non!

Vegan in un mondo non-vegan? Parola d’ordine: “Attenzione!” Per chi è vegan come me soprattutto all’inizio ma anche quando per una ragione o per un’altra si trova di fronte a prodotti nuovi o mai acquistati prima (magari all’estero o in vacanza) è davvero una guerra o meglio è come essere sbalzati in un film di Indiana Jones…una continua ricerca e scoperta di tutto ciò che contiene sottoprodotti animali e non!

Quello che ho imparato è che bisogna sempre fare tanta, tantissima attenzione e mai dare per scontato nulla, infatti per il solo fatto che secondo la logica comune un certo prodotto come per esempio il pane -che ormai praticamente nell’ 80% dei casi non è mai solo farina, lievito e acqua!- non debba contenere nulla di derivazione animale allora questo non significa assolutamente che esso non lo contenga, anzi!

Le etichette sono le nostre migliori amiche e come tali dobbiamo sempre dar loro la nostra attenzione….leggendole infatti potremmo scoprire ad esempio che nelle patatine al sapore di barbecue il sapore di barbecue è dato da grasso di pollo aggiunto ad altri aromi, oppure potremmo scoprire che in certe arachidi si può trovare del grasso animale non meglio specificato, e ancora nelle birre (soprattutto quelle importate dall’Inghilterra o dal nord Europa) potremmo trovare colla di pesce (ossia una sostanza prodotta partendo dalla vescica natatoria di alcuni pesci e dalla loro cartilagine; oggi però sul mercato sono presenti principalmente gelatine, impropriamente note come colla di pesce, prodotte prevalentemente utilizzando la cotenna del maiale insieme a ossa e cartilagini anche di origine bovina) a tal proposito ho scovato un sito dove c’è una bella lista delle birre vegan e di quelle non vegan.

Ma ancora, quello che le etichette purtroppo non ci dicono sono i processi di produzione alla quale un determinato prodotto è sottoposto e se tali processi produttivi includono uso di sostanze derivate dagli animali trasformando così automaticamente tale prodotto in NON-VEGAN.

Uno di questi prodotti può essere lo zucchero bianco che per esser così bianco subisce durante il suo processo di decolorazione una manipolazione con il bone char (ossia un materiale prodotto dalla carbonizzazione delle ossa animali) o ancora un’altro caso è dato dalla maggior parte delle fantastiche caramelle rosse in commercio o ancora di alcuni vini o di alcuni succhi rossi, tutti prodotti colorati grazie ad un pigmento rosso estratto dalla Dactylopius coccus femmina ma indicato in etichetta non certo come “succo di insetto” ma come “acido carminico” o “rosso cocciniglia” e usato appunto come colorante alimentare prendendo molto spesso il nome enigmatico di “E120” o di “E124”.

Spesso viene usato anche in make-up e creme quindi vegan, attenzione!

Ma la lista si allunga se prestiamo attenzione a tutti quei prodotti che tanto hanno preso piede in questi ultimi anni ossia quelli “rinforzati” come se millenni di evoluzione non fossero sufficienti per creare perfetti equilibri in vegetali di cui poi noi ci nutriamo!

Se poi dovremmo o non dovremmo usarli lascio ad ognuno la decisione, fatto sta che io mi dico che considerato che una dieta bilanciata è già in grado di per sé di apportare tutte quelle sostanze di cui si ha un bisogno quale sia il motivo di ricorrere ad alimenti rinforzati proprio io non lo comprendo!

A tal proposito forse sarebbe bene per un’agricoltura sostenibile per l’uomo e l’ambiente non concentrarsi in coltivazioni monocolture abbandonando centinaia di specie orticole antiche ricchissime di sapore e nutrienti perché con bassa resa in favore di rafforzamenti biotecnologici (per quanto certamente più prosperi per i produttori!) sperando così di avere micronutrienti, vitamine o grassi non presenti naturalmente in taluni prodotti.

Un esempio di prodotti che non sono vegan anche se lo sembrano sono, per esempio, succhi d’arancia rinforzati o integrati con omega-3 i quali infatti contengono amminoacidi estratti da grasso (olio) di pesce o ancora prodotti rinforzati con vitamina D (in genere D3) derivanti invece dalla lanolina ossia un’olio derivato dalla lana delle pecore, tutt’altro che vegan naturalmente.

Ma ancora la lista di prodotti che certo non possono entrare nel carrello della spesa di un vegan (che forse però almeno in questo caso mai si sognerebbe di acquistare visto che in genere un vegan il pane se lo fà in casa con pasta madre e farine integrali!) sono panini, brioches e prodotti da forno nei quali viene usato l’enzima L-cisteina come condizionante della pasta in panini e molti altri prodotti trasformati da forno, che di solito proviene da piume d’anatra e di pollo.

Infine poi vi sono quei prodotti che seppur per definizione dovrebbero essere vegetali, come per esempio la margarina che è fatta con oli vegetali, piuttosto che prodotti lattiero-caseari, non è necessariamente vegan in quanto spesso può contenere siero del latte, caseina o addirittura sugna, un tipo di grasso animale.

Mi sento di consigliarvi il bel libro fotografico della designer e artista olandese Christien MeindertsmaPig 05049” nato da uno studio durato ben tre anni durante i quali il maiale 05049 viene usato nei mille prodotti nei quali è norma (ma non alla luce del sole!) trovare derivati di maiale, così l’autrice indaga su ogni sua singola parte, scoprendo quindi dove va a finire realmente, mettendo così in risalto l’onnipresenza dei derivati animali in molti più prodotti di quelli che crediamo e la conseguente difficoltà nel riuscire ad evitarli.

Allo stesso modo possiamo soffermarci sul film Earthlings con la narrazione di Joaquin Phoenix e le musiche di Moby che mette in luce la dipendenza dell’umanità dagli animali.

In conclusione leggete leggete e leggete le etichette ma soprattutto se trovate dei prodotti che sono vegan ma non presentano alcuna indicazione chiara sulla confezione (una V verde o una dicitura “vegetale”) mandate una mail al produttore richiedendo che tale dicitura sia apposta al più presto supportando la vostra richiesta dal semplice fatto che se un vegan trova tale dicitura sicuramente acquisterà con tranquillità quel prodotto e ne farà “pubblicità” positiva e diffondete le vostre conoscenze, non solo a chi è vegan…anche così le cose possono migliorare per un vegan in un mondo non-vegan.

KIA – Carmela Giambrone

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