Cacciatori mangiano salsicce crude di cinghiale e contraggono la trichinellosi

Prima hanno cacciato e ucciso cinghiali. Poi ne hanno macellato le carni e mangiato salsicce crude. E' così che hanno contratto la trichinellosi, malattia causata da un parassita che può infestare le carni di alcuni animali, come suini o volpi, e passare all'uomo, provocando diarrea, dolori muscolari, sudorazione, febbre, fotofobia

Prima hanno cacciato e ucciso cinghiali. Poi ne hanno macellato le carni e mangiato salsicce crude. È così che hanno contratto la trichinellosi, malattia causata da un parassita che può infestare le carni di alcuni animali, come suini, equini o volpi, e passare all’uomo, provocando diarrea, dolori muscolari, sudorazione, febbre, fotofobia. È quanto accaduto a 26 persone residenti nell’Alta Valle del Serchio, in provincia di Lucca.

Dopo la segnalazione di disturbi da parte dei cacciatori e dei loro familiari, è stato necessario l’intervento dei sanitari dell’Asl di Lucca, che hanno dato il via alla profilassi antiparassitaria e circoscritto rapidamente il focolaio epidemico. “Si tratta di una patologia rara – si legge in una nota – ma presente in tutto il mondo e anche in Italia. Proprio per la sua rarità e per sintomi che possono risultare simili a quelli di altre patologie, non è di facile riconoscimento. Gli ultimi casi in Italia risalgono al 2011 in Sardegna, mentre in Toscana non se ne registravano da 20 anni”.

Il rischio per l’uomo deriva proprio dall’assunzione di carni crude o poco cotte infette dal parassita. Se, però, come prevede la legge, il diaframma di tutti gli animali cacciati venisse sottoposto agli accertamenti dei veterinari dei macelli o dell’istituto zooprofilattico, non ci sarebbe alcun pericolo. Controlli e cottura sono quindi fondamentali, anche perché quando la malattia colpisce l’uomo con cisti che invadono tutti i muscoli non si può curare. E nei casi più gravi può portare alla morte.

Ma gli infettati in questione sono stati fortunati. La macchina che si è messa in moto dopo la comparsa dei primi casi “ha permesso di circoscrivere il fenomeno e di effettuare tutte le necessarie operazioni legate alla prevenzione, grazie all’impegno degli operatori della veterinaria e dell’igiene degli alimenti. È bene ricordare – concludono gli operatori- che è possibile evitare questa malattia tramite la cottura delle carni o con il congelamento a -15 gradi centigradi per 20 giorni o a -30 per 6 giorni. In questa maniera vengono distrutte le larve e si impedisce l’insorgere della malattia“. La caccia, insomma, è una attività pericolosa anche per i cacciatori stessi. E le “punizioni divine” sembrano essere sempre in agguato.

Roberta Ragni

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