Dieta dei gruppi sanguigni: ha una validità scientifica?

La teoria alla base della dieta del tipo sanguigno è falsa, a dirlo dei ricercatori canadesi

Sono ormai molti anni che si parla della dieta dei gruppi sanguigni, ideata dal naturopata Peter D’Adamo che attraverso il suo libro “Eat Right for Your Type” ha diffuso questa teoria alimentare secondo la quale a seconda del proprio gruppo sanguigno d’appartenenza vi sarebbero alcuni alimenti consigliati e altri sconsigliati.

Il nostro patrimonio sanguigno e di conseguenza anche ciò che dovremmo prediligere a livello alimentare, sarebbero un retaggio ereditato dai nostri antenati (portatori dei diversi gruppi ematici) che nelle varie epoche storiche sono stati cacciatori (gruppo 0), agricoltori (gruppo A), pastori (gruppo B) fino ad arrivare all’epoca moderna in cui sarebbe nato l’ibrido gruppo AB.

Un’ipotesi curiosa ma intrigante, così l’hanno definita gli stessi ricercatori che l’hanno poi dichiarata priva di ogni fondamento pubblicando i loro risultati su Plos One: “L’ipotesi era intrigante, per questo l’abbiamo messa alla prova. Ma dopo aver valutato così tante persone credo sia corretto dire che la teoria alla base della dieta del tipo sanguigno è falsa” ha dichiarato Ahmed El-Sohemy, docente di nutrigenomica all’università di Toronto, che ha deciso di analizzare la teoria di D’Adamo coinvolgendo circa 1500 persone nel suo studio volto a capire se la dieta dei gruppi sanguigni potesse avere o meno delle basi scientifiche.

Per fare questo El-Sohemy ha analizzato e catalogato tutte le indicazioni fornite dai partecipanti, (molto dettagliate sul consumo abituale di cibi e bevande) in relazione al loro gruppo sanguigno. A ciascuno è stato assegnato un punteggio in base alla corrispondenza che c’era con la dieta proposta da D’Adamo per il loro specifico gruppo. Il regime alimentare è stato poi messo in relazione ai marcatori più importanti per valutare lo stato di salute di ogni persona: ad esempio i valori di colesterolo, trigliceridi e glicemia.

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I ricercatori sono partiti dall’assunto che, se la teoria era corretta, chi seguiva il regime alimentare consigliato al proprio gruppo sanguigno doveva avere i parametri di rischio azzerati o quasi. Quello che si è visto, però, è che spesso non era così: “L’aderenza ai regimi diversi proposti nella dieta del gruppo sanguigno si associa in alcuni casi a profili cardiometabolici positivi, ma senza alcun legame con il gruppo sanguigno di appartenenza. In pratica è il tipo di alimentazione proposto a essere di per sé più salutare e questo può spiegare perché vi siano persone che affermano di stare meglio seguendo la dieta del gruppo sanguigno. Tuttavia il modo in cui un individuo risponde a un’alimentazione vegetariana o a basso contenuto di carboidrati non ha nulla a che vedere con il gruppo sanguigno a cui appartiene, bensì con la propria capacità di adattarsi a quello specifico regime dietetico” ha dichiarato El-Sohemy.

Quella di D’Adamo, dunque, a detta dei ricercatori sarebbe una visione della salute riduttiva, il nostro patrimonio genetico, infatti, è ben più complicato rispetto a quello che può emergere dall’analisi di un gruppo sanguigno.

Alla stessa conclusione erano arrivati nei mesi scorsi anche alcuni ricercatori del Belgio che si erano concentrati su una revisione di 16 studi precedenti, pubblicando il risultato dell’analisi comparata sull’American Journal of Clinical Nutrition.

Francesca Biagioli

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