Come le nostre città possono reagire ai cambiamenti climatici per ridurre i rischi

L'emergenza climatica richiede a gran voce nuove strategie e più efficaci politiche di cambiamento soprattutto all'interno delle aree urbane

Le aree urbane sono più esposte al global warming ed è per questo che le città stesse dovranno mettere in campo nuove forme di gestione e di pianificazione per affrontare i cambiamenti climatici e mettere in sicurezza i territori più esposti.

Insomma, l’emergenza climatica richiede a gran voce nuove strategie e più efficaci politiche di cambiamento.

Legambiente ha presentato un libro proprio su questo tema nato in collaborazione con l’Università Iuav di Venezia, “Il clima cambia le città“, da dove si evince che saranno proprio le città a pagare in un futuro nemmeno tanto lontano i costi sociali maggiori del global warming, in particolare nell’area mediterranea.

Dalle ondate di calore alle piogge estreme, nel volume di Legambiente sono analizzati gli impatti e gli scenari che si potrebbero determinare nelle aree urbane e viene tracciata una mappa interattiva dei danni provocati dai fenomeni climatici in Italia dal 2010 a oggi: ne vengono riportati 130, che hanno causato 38 casi di danni alle infrastrutture, 8 al patrimonio storico e, soprattutto, 139 vittime, oltre a 33 giorni di stop a metropolitane e treni urbani nelle principali città italiane e a 43 giorni di blackout elettrici. E i danni, ovvio, riguardano anche il patrimonio culturale del Paese: a Genova, dove le piogge durante l’alluvione dello scorso ottobre hanno provocato danni anche all’Archivio di Stato, alla biblioteca nazionale e al Palazzo Reale. A Roma la forte pioggia del 7 novembre ha provocato danni alle Mura Aureliane.

I cambiamenti climatici stanno determinando impatti sempre più evidenti nelle città, con rischi per le persone e problemi che in Italia sono resi ancor più drammatici dal dissesto idrogeologico, da scelte urbanistiche sbagliate e dall’abusivismo edilizio“, ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini.

Quello che auspica l’associazione è un cambio di passo nelle politiche, piani di intervento e risorse per l’adattamento al clima nelle città, proprio come chiede l’Unione Europea che ha stanziato ingenti risorse nell’ambito della programmazione 2014-2020. Inoltre, quello che serve è anche un cambio radicale delle scelte urbanistiche da parte dei Comuni, per rendere più sicurea le aree più a rischio attraverso interventi innovativi, “fermando il consumo di suolo e riqualificando gli spazi urbani, le aree verdi e gli edifici per aumentare la resilienza nei confronti di piogge e ondate di calore“.

citta cambiamenti climatici

Insomma, le aree urbane dovrebbero diventare la priorità nelle agende politiche per avviare un sistema di risposta più efficace, in base alle caratteristiche dei diversi territori, che non solo sono condizionati da fenomeni di dissesto idrogeologico (in Italia l’81,2% dei Comuni e circa sei milioni di persone convivono proprio col rischio idrogeologico), ma anche da una mala-gestione del suolo, dell’edilizia senza confini o delle reti di smaltimento delle acque.

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Facciamo in modo, allora, che l’adattamento a un clima che cambia inesorabilmente sia la chiave con cui ripensare le nostre città. Prima che sia troppo tardi.

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