Animalisti si appellano al papa: Stop all’uso di avorio e pellicce per finalità religiose

Stop all’uso di avorio e pellicce per finalità religiose. È questa la richiesta che l’Enpa rivolge al Papa e al Vaticano, che con l'acquisto di oggetti in avorio alimentano il bracconaggio causando la morte di molti di animali anche rari, come gli elefanti. Migliaia di queste creature maestose sono infatti uccise proprio per loro zanne, acquistate da Filippine e Cina per creare oggetti di culto in avorio.

Stop all’uso di avorio e pellicce per finalità religiose. È questa la richiesta che l’Enpa rivolge al Papa e al Vaticano, che con l’acquisto di oggetti in avorio alimentano il bracconaggio causando la morte di molti di animali anche rari, come gli elefanti. Migliaia di queste creature maestose sono infatti uccise proprio per loro zanne, acquistate da Filippine e Cina per creare oggetti di culto in avorio.

Speculatori senza scrupoli danno così vita a un mercato spesso illegale, progettato per arricchire poche persone. A farne le spese, oltre agli animali, sono anche le popolazioni locali, costantemente impegnate nella difesa della biodiversità che rappresenta la vera ricchezza delle comunità più povere. Ma nonostante tutto questo il Vaticano ha finora rifiutato di intervenire per porre fine a questo commercio, non aderendo nemmeno a trattati internazionali per fermare la marcia verso l’estinzione di queste specie.

Per questo l’Enpa, grazie al sostegno del sito organizzatore di campagne e petizioni a livello internazionale Avaaz.org, ha lanciato una petizione e chiede a tutti i cittadini, di ogni nazionalità, di sottoscriverla. Oltre all’avorio, aggiunge l’Enpa, altrettanto inutile e dannoso è l’uso delle pellicce, soprattutto quelle di ermellino, ottenute con la morte di moltissimi animali uccisi in natura o dopo una vita trascorsa negli allevamenti, spesso in terribili condizioni di detenzione.

In tutto il mondo sono numerosissime le persone che ritengono le pellicce contrarie ai propri dettami etici; e il loro numero cresce di giorno in giorno – prosegue l’Enpa -. Tutti conoscono ormai la triste vita degli animali da pelliccia, rinchiusi in gabbie anguste dove arrivano a ferirsi ed ad auto lesionarsi per poi essere uccisi al fine di crearne una pelliccia“.

Ecco perché bisogna invitare il Vaticano a rinunciare all’avorio e alle pellicce che provengono da vere e proprie fabbriche di dolore e di morte, oggetti che non hanno veramente alcun senso di esistere. “Con questa petizione intendiamo chiedere a Sua Santità, Papa Benedetto XVI, e a tutto lo Stato Vaticano, di rinunciare all’acquisto e all’utilizzo dell’avorio e delle pellicce di ermellino, che provocano l’inutile uccisione di migliaia di animali, anche protetti“, conclude l’Enpa.

Intanto, anche su change.org c’è una petizione che si prefigge lo stesso obiettivo. “Ogni anni migliaia di elefanti africani vengono sterminati per asportarne le zanne, venderne l’avorio e ricavarne oggetti sacri con la compiacenza e la complicità delle autorità religiose cattoliche e buddhiste“, spiega il suo creatore Mario Righi. Nel 2011 i cacciatori di frodo hanno abbattuto 25.000 esemplari per un ricavo di 5.000 euro a zanna e ormai la popolazione complessiva mondiale è ridotta a meno di 700.000 esemplari solo nell’Africa subsahariana. Da lì l’avorio prende la strada delle Filippine dove viene trasformato in croci cattoliche, statuette etc o viene smistato verso la Thainlandia e la Cina per essere trasformato in simboli buddhisti e taoisti.

Ben 176 Paesi hanno messo al bando il commercio d’avorio. Ma non il Vaticano, i cui negozi, chiese e residenze espongono o commerciano articoli in avorio. “Tenuto conto che alcune popolazioni di elefanti sono in imminente pericolo di estinzione, – spiega la petizione- il Vaticano faccia un gesto positivo, aderisca alla messa al bando del’avorio e sottoscriva la Convenzione Internazionale del 1989. Dio sarà sicuramente più grato nel vedere le sue creature vive e serene nella savana che nel ricevere ciondoli, miniature e crocifissi lordi di sangue innocente“.

Firma la petizione di Avaaz qui

Firma la petizione di Change.org qui

Roberta Ragni

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