Maiali: video choc negli allevamenti “certificati” Harling in GB. L’investigazione sotto copertura di Animal Equality

Si tratta dei maiali dell’industria suinicola britannica immortalati, insieme alle pessime condizioni di vita e agli indicibili maltrattamenti che devono subire, in oltre 200 ore di durissimo materiale video e audio e 300 foto dell’ultima investigazione di Animal Equality.

Animali detenuti in condizioni indecenti, con vistose masse tumorali, purulente ferite e piaghe non curate, prolassi rettali e vaginali lasciati a marcire. Non hanno spazio per muoversi all’interno degli asettici box in cui vengono rinchiusi per ingrassare o per partorire. Quando si mostrano riluttanti a spostarsi vengono insultati, presi a calci, picchiati, percossi con sbarre di ferro o ancora raschiati con la lama di un coltello sul dorso. Sono in molti tra loro a riportare gli evidenti segni di tremende e gratuite violenze, con abrasioni sul muso e su tutto il corpo. Si tratta dei maiali dell’industria suinicola britannica immortalati, insieme alle pessime condizioni di vita e agli indicibili maltrattamenti che devono subire, in oltre 200 ore di durissimo materiale video e audio e 300 foto dell‘ultima investigazione di Animal Equality.

Ci troviamo a Norfolk, Regno Unito, nell’allevamento di Harling, di proprietà di A.J. Edwards & Son. Un allevamento di media grandezza, con oltre 3.000 maiali e 370 scrofe, 160 inviati al macello ogni settimana, comprese le scrofe che non sono più in grado di partorire. Qui gli animali sono allevati all’aperto e ingrassati al chiuso. Eppure, questo lager dell’orrore è persino certificato ad ‘alta qualità’ con il marchio Red Tractor’. Per questo, spiega l’Associazione animalista, le immagini rivelano che dolore, sofferenza e sfruttamento sono sempre presenti all’interno degli allevamenti intensivi, a prescindere da quanto un allevamento sia certificato. Perché Harling non è diverso dagli altri allevamenti. Non è un’eccezione, anzi. Esso rappresenta lo standard tipico di come i maiali passano la loro vita all’interno di questi luoghi.

La disarmante realtà all’interno dell’industria suinicola è, infatti, quella rappresentata da quest’investigazione, condotta da un infiltrato che ha lavorato nell’allevamento per 72 giorni, assistendo a scene assurde fatte di violenza e dolore. Ecco come descrive uno dei tanti episodi di crudeltà da parte degli aguzzini dei poveri maiali sul suo diario: “Geoff prese una maniglia della porta dell’entrata, come altre volte e lo spaccò sulla testa di uno dei maialini. Furono necessari diversi colpi per spaccargli il cranio e provocargli degli spasmi. Mi urlò quindi di aiutarlo a gettare l’animale nel bidone dei cadaveri. Ci misi qualche secondo a reagire, perché non riuscivo ad abituarmi a tutto questo. Il sangue schizzava fuori dalla testa dell’animale, assieme a pezzi di cervello. Ho afferrato una delle zampe e il sangue ha inondato gli stivali, il pavimento e il bidone dei cadaveri. Messo il maialino nel bidone, Geoff lo chiuse e si allontanò. Riuscivo ancora a sentirlo calciare e strillare disperatamente. Ancora una volta mi sentivo frustrato e incapace di poter fare qualcosa“.

 

Una testimonianza scioccante quanto le immagini fotografate e riprese, che ci impone di ricordare sempre che gli animali sono esseri senzienti capaci di provare emozioni e sensazioni quali dolore, piacere, stress ed esattamente come ognuno di noi hanno le loro necessità e la volontà di vivere. Ma il consumo di prodotti di origine animale li costringe ad una vita di sofferenza e ad una morte insensata negli allevamenti, nei laboratori e nei macelli.

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