Ippica: la crisi del settore mette a rischio la vita di 15mila cavalli

La crisi del settore dell’ippica, con la conseguente chiusura di numerosi ippodromi presenti sul territorio italiano, sta mettendo a rischio il futuro di 50 mila addetti ai lavori e di circa 15 mila cavalli. I tagli operati dal Governo Monti in merito hanno causato un drastico calo dei finanziamenti dedicati al settore, con cifre da destinare all’ippica che nel 2012 passeranno da 150 milioni a 40 milioni.

La crisi del settore dell’ippica, con la conseguente chiusura di numerosi ippodromi presenti sul territorio italiano, sta mettendo a rischio il futuro di 50 mila addetti ai lavori e di circa 15 mila cavalli. I tagli operati dal Governo Monti in merito hanno causato un drastico calo dei finanziamenti dedicati al settore, con cifre da destinare all’ippica che nel 2012 passeranno da 150 milioni a 40 milioni di euro.

Il tema apre preoccupazioni e proteste su di un doppio fronte, relativo da una parte alla protezione degli animali e dall’altra alla tutela dei lavoratori. Nei giorni scorsi, a Napoli, sono state organizzate proteste da parte di coloro che rischierebbero di perdere il proprio impiego a causa di una possibile chiusura dell’ippodromo di Agnano e di altre strutture analoghe presenti sul territorio. Il comitato partenopeo ha espresso la propria opposizione al taglio del 70% dei finanziamenti non soltanto in riferimento ai prevedibili licenziamenti degli addetti al settore, ma anche tenendo presente che la chiusura degli ippodromi comporterebbe la morte certa di migliaia di cavalli.

È naturalmente proprio questo ultimo punto a destare le maggiori preoccupazioni da parte delle associazioni animaliste, che hanno espresso il proprio parere sui possibili futuri sviluppi della situazione tenendo presenti differenti ambiti e prospettive, tra cui il pericolo di infiltrazione della criminalità nell’organizzazione di corse clandestine, i rischi per la salute derivanti dalla commercializzazione di carne proveniente da cavalli allevati per essere destinati a pratiche sportive e non al macello e la necessità di proteggere i cavalli dal rischio di strumentalizzazione da parte del settore ippico.

L’Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali) ha emesso un comunicato stampa ufficiale in cui esprime la propria preoccupazione non soltanto per la mancanza di assistenza e di cure per i cavalli a seguito della chiusura degli ippodromi, ma anche e soprattutto per i pericoli che potrebbero ruotare attorno alla macellazione clandestina. Sui cavalli penderebbe una vera e propria condanna a morte condotta tra l’altro per vie completamente illegali da parte della criminalità organizzata.

Vi sono poi i rischi per la salute di tutti i consumatori di carne equina, che si troverebbero ad acquistare un prodotto il cui consumo sarebbe pericoloso in quanto agli esemplari destinati a corse e competizioni vengono somministrate sostanze farmacologiche altamente dannose per l’uomo, così come spiega il Direttore Scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri, la quale sottolinea come la questione non si porrebbe se ai cavalli fosse riconosciuto lo status di animali d’affezione, che ne garantirebbe la tutela.

L’intervento dell’Enpa è volto a sollecitare le autorità affinché si verifichino i controlli necessari ad evitare che scuderie ed allevatori senza scrupoli si lascino tentare da un facile lucro e si rendano complici di macellazioni clandestine invece di occuparsi della ricollocazione degli equini, secondo quello che sarebbe il loro compito.

Contro il rischio di macellazioni clandestine e corse illegali si schiera anche la Lav (Lega Anti Vivisezione) con una richiesta rivolta ai Ministeri maggiormente interessati, al fine di intensificare i controlli su scuderie ed ippodromi, nel timore che la criminalità organizzata possa approfittare della crisi dell’ippica. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Nazionale Zoomafia della LAV, il giro d’affari che ruota attorno a corse clandestine e truffe all’interno del settore ippico raggiunge annualmente la cospicua somma di 1 miliardo di euro, cifra derivante da affari criminosi che hanno portato a migliaia di sequestri di cavalli e denunce nel corso dell’ultimo decennio.

La LAV auspica che possano essere messi in campo alcuni provvedimenti volti ad evitare le spiacevoli conseguenze delle azioni di coloro che potrebbero essere intenzionati ad approfittare della crisi dell’ippica ufficiale. Tra le richieste dell’associazione vi sono: rigorosi controlli fiscali sulle attività di compravendita dei cavalli dismessi; sanzioni delittuose per coloro che organizzino o prendano parte a corse clandestine; divieto per i pregiudicati per reati a danno di animali di possedere cavalli o scuderie; divieto di circolazione su strada di mezzi trainati da animali.

Nella speranza che i provvedimenti necessari vengano attuati, restano aperte alcune domande a cui probabilmente soltanto in futuro riusciremo a dare risposta. La millantata crisi dell’ippica è reale o presunta? Se fosse reale, perché non prendere in considerazione una riconversione del settore ed una rapida ricollocazione degli addetti ai lavori? Se la crisi fosse determinata da una perdita di interesse degli italiani nei confronti dell’ippica e delle scommesse, avrebbe ancora senso sprecare risorse per mantenere in vita tale settore?

Marta Albè

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