Nucleare: crollo nel tetto della centrale di Cernobyl

Un’area di circa 500-600 metri quadrati. Si tratta di una parte del muro e della copertura dell'edificio turbine del reattore numero 4 della centrale nucleare di Cernobyl che è rovinosamente crollata ieri, 12 Febbraio. Secondo quanto riferito dall'agenzia Rianovosti, Valery Kalchenco, capo della sottocommissione del Parlamento Ucraino sulle conseguenze della catastrofe di Cernobyl, la colpa è da imputare al peso della neve accumulatasi. Le unità d'emergenza e le forze militari sarebbero subito intervenute sul posto per rimuoverei detriti e la neve, mentre le radiazioni nell’ambiente risulterebbero nella norma.

Torna la paura a Cernobyl. Un’area di circa 500-600 metri quadrati. Tanto era estesa la parte del muro e della copertura dell’edificio turbine del reattore numero 4 della centrale nucleare di Cernobyl che è rovinosamente crollata ieri, 12 Febbraio.

Secondo quanto riferito dall’agenzia Rianovosti, Valery Kalchenco, capo della sottocommissione del Parlamento Ucraino sulle conseguenze della catastrofe di Cernobyl, la colpa è da imputare al peso della neve accumulatasi. Le unità d’emergenza e le forze militari sarebbero subito intervenute sul posto per rimuoverei detriti e la neve, mentre le radiazioni nell’ambiente risulterebbero nella norma.

Ma, a dispetto di queste dichiarazioni tranquillizzanti, Greenpeace ha ritenuto doveroso non minimizzare gli importanti segnali lanciati da questo evento. “Anche se il livello di radioattività nell’ambiente non ha subito variazioni, il segnale è preoccupante – afferma Giuseppe Onufrio, direttore Esecutivo di Greenpeace Italia -. Se le lastre iniziano a cedere nella sala turbine, non vi è alcuna garanzia che la struttura di protezione costruita nel 1986 non crolli. Il sarcofago costruito a protezione del nucleo della centrale non può reggere ancora a lungo ed è questo il motivo per cui si sta costruendo una nuova struttura“.

Il problema maggiore del sarcofago è dato dalla polvere che si sta accumulando all’interno della struttura. Questa polvere è radioattiva e se si dovesse disperdere per decine di chilometri nella zona circostante la centrale creerebbe dei seri pericoli, contaminando l’area. “Nonostante siano trascorsi quasi 30 anni dal disastro di Cernobyl, la centrale resta un pericolo per la vita delle persone. Rimarrà un problema per i secoli a venire. La cosa più preoccupante è che ognuno dei 400 reattori funzionanti nel mondo è una potenziale Cernobyl. Fukushima lo ha dimostrato“, conclude Onufrio.

Anche per Legambiente l’episodio di ieri ricorda che la centrale ucraina costituisce ancora un serio pericolo. “Sono ancora alte le probabilità che possano accadere nuovi incidenti e contaminazioni radioattive data la precarietà delle condizioni del sarcofago contenente il quarto reattore. Il rischio di un collasso della struttura è molto elevato, senza contare che il reattore è pieno di fessure che consentono la fuoriuscita di polveri radioattive. Per questo crediamo che sia necessario un intervento da parte della comunità internazionale per accelerare i lavori di realizzazione del cosiddetto “nuovo arco”, il sarcofago che conterrà il reattore esploso nel 1986“, spiega Angelo Gentili, coordinatore nazionale di Legambiente Solidarietà.

Fino a questo momento – aggiunge Gentili – per la costruzione del nuovo “Arco” sono state utilizzate 5.000 tonnellate di acciaio a fronte delle 29.000 previste a conclusione dei lavori. In questo primo step la struttura è stata sollevata a un’altezza di 22 metri, per raggiungere i 110 al completamento dell’opera prevista per il 2015. Ma il timore è che il progetto s’interrompa per mancanza di fondi da parte dei paesi donatori, tra i quali c’era il Giappone. Quest’ultimo dopo la tragedia di Fukushima è in grande difficoltà“. Ma, a essere in difficoltà, a distanza di oltre un quarto di secolo, sono anche molte regioni di Russia, Bielorussia e Ucraina, che continuano a soffrire pesantemente a causa dell’inquinamento radioattivo.

Roberta Ragni

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