Giappone, Fukushima: per ripulire l’oceano c’è l’alga anti-radioattività

Il nome scientifico è Closterium Moniliferum, ma potrebbe passare alla storia come l'alga anti-radioattività. È solo l'ultima delle proposte fatte in questi giorni dagli scienziati di tutto il mondo per tentare di arginare gli effetti disastrosi dell'incidente alla centrale di Fukushima.

Il nome scientifico è Closterium Moniliferum, ma potrebbe passare alla storia come l’alga anti-radioattività. È solo l’ultima delle proposte fatte in questi giorni dagli scienziati di tutto il mondo per tentare di arginare gli effetti disastrosi dell’incidente alla centrale di Fukushima.

Se è solo dell’altro ieri, infatti, la notizia che 11.500 tonnellate di acqua contenenti particelle radioattive sono state riversate in mare dai tecnici della Tepco, già oggi ci si domanda se e come sarà possibile limitare le conseguenze di un simile gesto sull’ambiente marino. Ed è a questo punto che, dalla Northwestern University di Evanston (Illinois), è arrivata una proposta a dir poco originale.

A formularla è Minna Krejci, ricercatrice di microbiologia a capo di un team di scienziati statunitensi che ha condotto uno studio su questa strana alga lunga poche centinaia di nanometri (milionesimi di millimetro), la Closterium Moniliferum, appunto. Caratteristica peculiare di quella che a un ingrandimento elettronico appare come una bizzarra mezzaluna verde, è la capacità di inglobare (o raccogliere o mangiare o qualsiasi altro verbo che renda l’idea) atomi di bario e stronzio, compreso lo stronzio 90, la versione radioattiva dell’omonimo isotopo. Se le cose fossero davvero così – e probabilmente lo sono, visto che lo studio è stato presentato la settimana scorsa a un big dei meeting della chimica come quello dell’American Chemical Society, oltre al fatto che la rivista scientifica ChemSusChem ha deciso di pubblicarlo – se le cose fossero davvero così, è evidente che un’orda di tante piccole Closterium Moniliferum potrebbe fare miracoli, visto che l’acqua intorno alla centrale presenta concentrazioni di particelle radioattive elevatissime (iodio-131 7,5 milioni di volte sopra il limite di legge, tanto per dirne uno).

Tuttavia, il “potrebbe” è d’obbligo, visto che alcune variabili rimangono ancora un mistero. Una su tutte viene citata dalla stessa Krejci come possibile fossato tra il successo e il fallimento: quale sarà il tempo medio di sopravvivenza di una Closterium Moniliferum immersa in acque contaminate da radiazioni? Per far sì che lo stronzio precipiti in cristalli, l’alga ha bisogno di circa trenta minuti. Pochi? Tanti? Al momento è impossibile dirlo. Di certo, la facilità con cui si può coltivare questo prodigio della Natura rende la Closterium Moniliferum un alleato facilmente rimpiazzabile. Ma può anche darsi che la Natura si sia rotta di risolvere i casini che combiniamo: in tal caso, sarà doveroso cercare altre soluzioni. E in fretta.

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