Centrali nucleari: le 5 ragioni di Rubbia per sostituire l’uranio con il torio

Dopo il gravissimo incidente alla centrale giapponese di Fukushima, il mondo si interroga sulla pericolosità e l’opportunità di continuare ad affidarsi al nucleare. Nel frattempo la Cina sta studiando degli innovativi progetti per la realizzazione di nuove centrali nucleari al Torio, ideate dall’italiano Carlo Rubbia, nobel per la fisica.

Dopo il gravissimo incidente alla centrale giapponese di Fukushima, il mondo si interroga sulla pericolosità e l’opportunità di continuare ad affidarsi al nucleare. Nel frattempo la Cina sta studiando degli innovativi progetti per la realizzazione di nuove centrali nucleari al Torio, ideate dall’italiano Carlo Rubbia, nobel per la fisica.

Secondo il fisico, il torio (che verrebbe usato al posto dell’uranio) presenterebbe numerosi vantaggi, cinque in particolare:

  • Grazie all’uso di questo elemento chimico, le centrali nucleari produrrebbero un millesimo delle scorie radioattive che si producono attualmente e le stesse scorie avrebbero una radioattività di soli 30 anni (contro i 30.000 di quelle attuali);
  • L’uso del torio permette alle centrali di produrre duecento volte più energia a parità di materiale fissile;
  • È una tecnologia inutilizzabile per la costruzione delle armi nucleari;
  • Le centrali alimentate a torio avrebbero il primato di essere molto più sicure;
  • Il torio, come materia prima, è dieci volte più abbondante dell’uranio;

Ma nonostante questi (apparenti) vantaggi, sono ancora pochissimi i Paesi che hanno preso in seria considerazione l’idea delle centrali nucleari alimentate a torio; tra questi l’India, la Cina e il Canada.

D’altro canto, dopo la terribile crisi nucleare in Giappone, il primo intervento “sarà di fare piccole modifiche, di mettere le pompe più in alto per proteggerle dallo tsunami. – ha detto il premio Nobel Carlo Rubbia in un’intervista al Corriere della Sera – Ma il problema è diverso: le centrali di oggi si fondano su modelli probabilistici, i quali dicono che ci vorrebbero 100 mila reattori per avere un incidente grave all’anno. Invece non è così, perché la concatenazione di eventi l’incidente lo fa succedere. Occorre passare a un modello deterministico, dove l’incidente non può succedere“.

Anche quando si parla di reattori di terza generazione – ha continuato il premio nobel – si parla di cambiamenti cosmetici, serve altro. Piuttosto che investire 30 miliardi nel nucleare vecchio, l’Italia farebbe bene a investirne 3 in questa tecnologia”.

Secondo Rubbia infatti, come abbiamo visto, le centrali al torio hanno diversi vantaggi, ma secondo gli esperti ci vorranno comunque 20-30 anni prima che siano disponibili.

Quella del torio è una tecnologia più che di domani di dopodomani – ha spiegato Stefano Monti dell’Enea alcuni esperimenti sono stati fatti in tutto il mondo, compresa l’Italia che lo studiava nella sede Enea di Rotondella, ma ci sono ancora alcuni problemi di ricerca e sviluppo. Se ci fosse un impegno massiccio politico e finanziario sarebbero ostacoli superabili, ma comunque in un arco di tempo di decenni”.

Insomma, il torio è più facilmente reperibile dell’uranio, le centrali alimentate con questo elemento producono meno residui e le scorie sono radioattive per molto meno tempo, ma restano i dubbi sulla sicurezza: chi ci garantisce che queste centrali siano sicure?

Le problematiche di sicurezza di questi reattori restano le stesse, c’è sempre un atomo che viene diviso – ha spiegato Bruno Panella, direttore del dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino – quindi servono le stesse rigorose analisi di sicurezza necessarie anche per i reattori tradizionali. Bisogna analizzare bene i nuovi progetti, che per quanto riguarda questi reattori spesso sono ancora alla fase concettuale”.

Ma del resto è Rubbia stesso a mettere in guardia sulla poca sicurezza del nucleare. Proprio oggi il fisico in occasione dell’inaugurazione del suo esperimento Icarus ai laboratori nazionali dell’Infn del Gran Sasso, ha sottolineato più volte le profonde conseguenze che deriveranno dall’incidente in giappone e per questo ha lanciato un invito al presidente dell’Agenzia per la Sicurezza nucleare Umberto Veronesi a fare visita personalmente alla centrale di Fukushima per capire “quello che sta succedendo” che “avrà delle conseguenze enormi, gravi, che vanno studiate. E credo che il modo migliore sia rendersi conto direttamente di come stanno andando le cose”. Anche perché “quello che noi riceviamo come informazione dal Giappone è poco chiaro e incompleto, controllato dai mass media” mentre ”serve capire cosa sia realmente successo”.

Verdiana Amorosi

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