Inquinamento atmosferico: solo in Italia provoca 30mila decessi all’anno

Il progetto VIIAS (Valutazione Integrata dell'Impatto su Ambiente e Salute dell'inquinamento atmosferico), finanziato dal Ministero della salute conferma i danni da inquinamento atmosferico e per la prima volta viene anche fornita una mappa degli effetti dello stesso inquinamento a livello provinciale

Inquinamento atmosferico: in Italia si muore di mal d’aria e i dati non sono per niente confortanti. Il combinato di particolato, biossido di azoto e ozono sono la causa di più di 30mila morti all’anno (il 7% della mortalità totale), il 65% delle quali al Nord (più di 5mila all’anno soltanto nella provincia di Milano).

È quanto emerge dal progetto VIIAS (Valutazione Integrata dell’Impatto su Ambiente e Salute dell’inquinamento atmosferico), finanziato dal Ministero della salute e coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario della Regione Lazio, con la collaborazione di alcune università e agenzie di protezione ambientali e che conferma i dati già divulgati dall’Oms sull’inquinamento in Europa.

Tutti riconfermati, purtroppo, i danni da inquinamento atmosferico, ma per la prima volta viene anche fornita una mappa degli effetti dello stesso inquinamento a livello provinciale.

Valutando tutta la catena degli eventi (dalla caratterizzazione della qualità dell’aria alle politiche, dalle fonti alle modalità di esposizione delle popolazioni fino a tutti i tipi di impatti) che influenzano la salute delle popolazioni, il progetto ha stimato per tutto il territorio nazionale, attraverso il modello di trasporto chimico, le concentrazioni al suolo del PM2.5, dell’NO2 e dell’O3 con una griglia di 4 per 4 km. E i risultati sono pressoché scoraggianti.

inquinamento pm2

Gli effetti dell’inquinamento sono particolarmente gravi al Nord, dove l’aspettativa di vita, solo per l’effetto del PM2.5, è ridotta di 14 mesi, contro i 6,6 del Centro e i 5,7 del Sud e delle Isole. A soffrire di più è la Pianura Padana, con la Lombardia che presenta il più alto tasso di mortalità attribuibile al PM2,5 (con 164 decessi ogni 100mila residenti ). A seguire ci sono poi l’Emilia-Romagna e il Veneto con tassi rispettivamente attesati a 124 e a 111. A rischiare di più è chi vive, manco a dirlo, nelle aree urbane, dove il tasso di mortalità è di 136 decessi ogni 100mila residenti, contro i 59 delle aree rurali.

PM2,5 e non solo: a minacciare la nostra salute è anche il biossido di azoto (NO2) che, con una concentrazione media di 24,7 µg/m3, è stato causa di circa 23mila morti nel 2005, anno a cui fa riferimento questa prima tornata di dati. Nel 2010 si è osservata una diminuzione dei decessi attribuibili sia al particolato fine sia al biossido di azoto, forse a causa della crisi economica iniziata nel 2007 e di una riduzione delle emissioni derivante dal calo della produzione e dei trasporti.

inquinamento NO2

inquinamento ozono

Secondo le stime del progetto, nel 2020 si avrà uno scenario ancora peggiore, con oltre 28mila decessi a causa del PM2,5 e più di 10mila per il biossido di azoto. Cosa si potrà fare allora? Beh, se solo ci fossero politiche adeguate di contenimento delle emissioni e si riuscissero a rispettare i limiti di legge per l’inquinamento ogni anno risparmieremmo ben 11mila vite. Ridurre il traffico privato a favore della mobilità sostenibile sarebbe la soluzione ideale, così come aumentare il verde nelle città e regolamentare più severamente la combustione di biomasse, fra i principali responsabili delle emissioni di polveri sottili.

Germana Carillo

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