Plastica negli oceani: trovato appena l’1%. Dov’è finita? Nello stomaco di pesci e uccelli

Un vero e proprio mistero. L'isola di plastica presente negli oceani sta scomparendo. Sembrerebbe una bella notizia ma così non è. Quasi l'88% della superficie del mare è inquinata da residui dei rifiuti di plastica ma solo l'1 per cento di questa spazzatura, secondo gli scienziati, oggi è in mare. Dov'è finito il resto allora?

Un vero e proprio mistero. L’isola di plastica presente negli oceani sta scomparendo. Sembrerebbe una bella notizia ma così non è. Quasi l’88% della superficie del mare è inquinata da residui dei rifiuti di plastica ma solo l’1 per cento di questa spazzatura, secondo gli scienziati, oggi è in mare. Dov’è finito il resto allora?

A cercare di svelare la misteriosa sparizione è stato uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Cadice, in Spagna, e della University of Western Australia, e pubblicato su Pnas. Milioni di tonnellate. Questa è la quantità di plastica che dovrebbe galleggiare negli oceani di tutto il mondo. Ma il nuovo studio ha scoperto che il 99% di questa plastica manca. E la possibilità inquietante è che i pesci potrebbero averla mangiata. Nonostante la loro enorme diffusione, un meccanismo sconosciuto sta rimuovendo piccoli frammenti di plastica ad un tasso superiore rispetto a quello dei frammenti più grandi.

In tutto il mondo, vengono prodotti ogni anno circa 300 milioni di tonnellate di plastica. Di esse, circa 300.000 finiscono nel mare. Il nuovo studio, però, è il primo eseguito per misurare i rifiuti effettivamente presenti in mare. Per indagare questo paradosso apparente, Andrés Cózar della Universidad de Cádiz e i suoi colleghi hanno misurato i detriti plastici contenuti nei campioni di superficie dell’oceano raccolti durante la Spedizione Malaspina 2010, durata nove mesi con l’obiettivo di valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sugli oceani.

Gli autori hanno raccolto 3.070 campioni dall’oceano in 141 siti in tutto il mondo e hanno così scoperto che l’88 per cento di essi conteneva detriti di plastica di varie dimensioni con concentrazioni più alte di plastica nelle cinque spirali oceaniche subtropicali. I ricercatori hanno infatti scoperto che, a causa dell’azione delle correnti oceaniche, la plastica tende a concentrarsi in cinque aree distinte: nell’Oceano Pacifico a ovest degli Stati Uniti, nell’Atlantico tra gli Stati Uniti e l’Africa, nel Pacifico al ovest del Sud America, e negli Oceani Atlantico e indiano al largo delle coste dell’Africa meridionale.

I ricercatori hanno così stimato che la quantità di plastica che attualmente galleggia sulla superficie dell’oceano è tra 35.000 e 40.000 tonnellate. Ma questa cifra è solo circa l’1 per cento della quantità che gli scienziati si aspettavano di trovare. Ciò suggerisce che la plastica è sparita, probabilmente finita nello stomaco di pesci e uccelli. Quando i rifiuti galleggiano sulla superficie in mare aperto, le onde e le radiazioni del sole possono frammentarli in particelle sempre più piccole, fino a che non diventano così piccolo da essere scambiate per cibo dai pesci. Un’altra possibilità è che gli organismi stiano trascinando la spazzatura sotto la superficie dell’oceano, lasciando poi ai microbi il compito di distruggerla.

Gli animali stanno mangiando”, ha detto però l’oceanografo Peter Davison del Farallon Institute for Advanced Ecosystem Research di Petaluma, California, che non era coinvolto nello studio. “Ma è difficile sapere in questo momento quali siano le conseguenze biologiche”. Inquinanti tossici come il DDT, PCB e mercurio potrebbero contaminare la superficie delle materie plastiche concentrandosi su di esse e finendo nella catena alimentare.

Ipotesi più che probabile, come ha mostrato il fotografo Chris Jordan, che si occupa di documentare la grandezza del consumismo e il suo impatto sull’ambiente. Per tre anni, il fotografo di Seattle ha ripreso le abitudini degli albatros sull’Atolloa di Midway, nel Pacifico. Gli uccelli, che normalmente si nutrono di calamari e altri animali che nuotano vicino alla superficie dell’acqua di notte, hanno invece accidentalmente ingoiato pezzi di plastica galleggianti, scambiandoli per cibo. Una volta tornate sull’isola, dopo la caccia, le povere creature hanno rigurgitato i rifiuti, ma quelli più sfortunati sono stati uccisi dall’ingestione di plastica. Le immagini che seguono parlano da sole:

Secondo gli autori dello studio, però, saranno necessarie ulteriori ricerche per determinare quali forme di vita degli oceani o quali sistemi siano responsabili della scomparsa dei piccoli frammenti di plastica.

Francesca Mancuso

Foto: ChrisJordan

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