Alluvione Marche: un nuovo disastro annunciato …e già dimenticato

Alluvione Marche: gli effetti dell'alluvione di sabato scorso a Senigallia e dell'esondazione del fiume Misa sono a dir poco devastanti. Le due vittime (causate anche stavolta soltanto dal maltempo), i gravi disagi alla popolazione di tutta la Regione e le ripercussioni sulle reti dei servizi essenziali e della viabilità ancora una volta ci fanno pensare alle pessime condizioni idrogeologiche in cui versa l'Italia

Alluvione Marche: gli effetti dell’alluvione di sabato scorso a Senigallia e dell’esondazione del fiume Misa sono a dir poco devastanti. Le due vittime (causate anche stavolta soltanto dal maltempo), i gravi disagi alla popolazione di tutta la Regione e le ripercussioni sulle reti dei servizi essenziali e della viabilità ancora una volta ci fanno pensare alle pessime condizioni idrogeologiche in cui versa l’Italia.

Acqua e fango sono quindi nuovamente la causa di una situazione assurda, di evacuazioni, morte e devastazione. Roba da terzo mondo. Anche se ormai l’attenzione dei media è già altrove.

Gli interventi – E se ieri il Presidente del Consiglio Renzi , il Presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile Franco Gabrielli e il Direttore della protezione civile regionale Roberto Oreficini hanno sorvolato in elicottero le zone maggiormente colpite dall’ondata di maltempo soprattutto nella Provincia di Ancona, cinque sono i Centri Operativi Comunali – COC istituiti nei territori di Senigallia, Falconara, Ostra, Castel Di Lama, Monsanpolo Del Tronto, tutti in provincia di Ancona, che si stanno dando da fare per far fronte all’emergenza. E non solo: a supporto delle attività di gestione dell’emergenza, 30 organizzazioni operative, con più di 600 volontari, sono impegnate in particolare nell’area di Senigallia.

Un quadro, insomma, che, ahimè, non ci dice nulla di nuovo sul fronte della sicurezza del territorio nel Belpaese. Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente, sono 236 i Comuni marchigiani classificati a rischio idrogeologico di cui 124 a rischio frana, uno a rischio alluvione e 111 a rischio frana e alluvione. Secondo lo studio sul consumo di suolo nella costa marchigiana realizzato da Legambiente, il paesaggio costiero marchigiano negli ultimi decenni è stato sottoposto a una urbanizzazione tale che oggi vede circa il 60% della fascia litoranea scomparsa sotto il cemento.

È necessario e urgente cambiare passo nella gestione e governo del territoriodicono Luigino Quarchioni e Francesca Pulcini, rispettivamente presidente e vice presidente di Legambiente Marche -, fermando il consumo di suolo e pianificando interventi strutturali per la messa in sicurezza delle nostre città e delle aree più a rischio. Accanto a questo è necessario rimettere al centro il ruolo strategico dell’agricoltura e della manutenzione dei corsi d’acqua e lavorare con i cittadini e le forze sociali affinché la corretta gestione del territorio e l’attività di prevenzione dal rischio siano l’obiettivo di tutta la comunità“.

imagine senigallia

E nel resto d’Italia? Al pari delle gesta di un arrogante piccolo piccolo dal nome di “Genny a’ Carogna” e della gestione di mille e una situazioni paradossali in Italia, la situazione è tragicomica, frutto dei mali-interventi o non-interventi, dei malaffari, della strafottenza, dei condoni, dell’elogio alla bruttezza.

Secondo un’indagine di Coldiretti, ben l’82% dei comuni italiani ha parte del territorio a rischio alluvioni e frane che aumenta per effetto dei i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti, vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire, perché reso più fragile dalla cementificazione e dell’abbandono delle aree marginali.

La percentuale di comuni su aree in pericolo, inoltre, sale al 99% nelle Marche colpite dall’alluvione provocata dall’ondata di maltempo che sta attraversando la penisola con danni di milioni di euro alle campagne, dalla Lombardia al Veneto, dall’Emilia alla Romagna fino alle Marche e all’Abruzzo.

Oggi in Italia quasi 6 milioni di cittadini vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio idrogeologico situate in 6633 comuni, che hanno parte del territorio ad elevato rischio di frane o alluvioni e di questi 239 si trovano proprio nella regione Marche. E non solo, anche un modello di sviluppo sbagliato ha tagliato del 15% le campagne e fatto perdere negli ultimi 20 anni. 2,15 milioni di ettari di terra coltivata determinante nel mitigare il rischio idrogeologico. Ogni giorno – sottolinea la Coldiretti – viene sottratta terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari) che vengono abbandonati o occupati dal cemento che non riesce ad assorbire la violenta caduta dell’acqua.
Ed è proprio l’agricoltura a pagare un conto salato a causa delle ondate di maltempo con migliaia di ettari che finiscono sott’acqua, raccolti di frutta e verdura distrutti, vigne e piante rotte e divelte, capannoni scoperchiati e case, aziende e strutture agricole allagate.
“Il dramma della persona morta per l’allagamento della strada che ne ha impedito il soccorso è l’ennesimo tragico tributo all’incuria del territorio e alla mancata prevenzione“. Non ci stanno nemmeno Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, candidati di Green Italia Verdi Europei alle elezioni europee.

Lo Stato – dichiarano gli esponenti ecologisti – spende ben 2 miliardi di euro ogni anno per tamponare i danni dopo un incidente o l’ennesima emergenza maltempo. Negli ultimi 80 anni in Italia ci sono state 5.400 alluvioni e ben 11 mila frane, e occorre superare l’approccio emergenziale ai danni causati del maltempo, e approntare piuttosto un piano organico di interventi per la messa in sicurezza del territorio: dal contenimento delle frane, alla sistemazione delle pendici, alla regolazione di torrenti e corsi d’acqua, alla bonifica idraulica, al definitivo no ad ogni ipotesi di condono di immobili costruiti in zone a rischio. Per cominciare da subito a rendere più sicuro il nostro Paese, attivando un ciclo occupazionale positivo, occorre mettere mano ai 1,6 miliardi di euro già disponibili, e reperire nuove risorse per la riduzione del rischio idrogeologico, utilizzando i fondi europei e il fondo sviluppo e coesione del 2014-2020“.
Occorre infine prevedere l’ esclusione degli investimenti per la prevenzione dal Patto di stabilità interno degli enti territoriali” – concludono gli esponenti di Green Italia Verdi Europei.

Germana Carillo

LEGGI anche:

Dissesto idrogeologico: come prevenire le alluvioni in 5 mosse

L’aumento delle alluvioni è colpa dell’uomo. Ecco la prova scientifica

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook