Chernobyl: oggi il 27esimo anniversario ma le ‘zone morte’ si stanno ripopolando. Firma la petizione

Chernobyl, 27 anni fa il terribile incidente nucleare che sconvolse per sempre la vita degli abitanti dell'Ucraina e non solo. Era il 26 aprile 1986. Ancora oggi si vive nel terrore di quello che è stato, della radioattività che ha reso malsana la vita in quell'area dell'Europa Orientale. Ancora molte le aree contaminate, e troppi i bambini che le popolano. Per questo Legambiente, oggi, in occasione della commemorazione ha lanciato una petizione europea per chiedere alla Comunità Internazionale interventi concreti per aiutare i bambini che ancora vivono nelle zone contaminate, chiedendo inoltre di effettuare dei monitoraggi indipendenti della radioattività nell’ambiente


Chernobyl, 27 anni fa il terribile incidente nucleare che sconvolse per sempre la vita degli abitanti dell’Ucraina e non solo. Era il 26 aprile 1986. Ancora oggi si vive nel terrore di quello che è stato, della radioattività che ha reso malsana ogni cosa in quell’area dell’Europa Orientale. Ancora molte le aree contaminate, e troppi i bambini che le popolano. Per questo Legambiente, oggi, in occasione del 27esimo anniversario del disastro, ha lanciato una petizione europea per chiedere alla Comunità Internazionale interventi concreti per aiutare i bambini che ancora vivono nelle zone contaminate, chiedendo inoltre di effettuare dei monitoraggi indipendenti della radioattività nell’ambiente.

Tra i firmatari Luigi Ciotti, Daniel Cohn-Bendit, Monica Frassoni, Giusi Nicolini, Giuseppe Onufrio, Roberto Saviano, Andrea Segrè, Gino Strada, Nicola Zingaretti. Sono chiamate ‘zone morte‘, quelle che i governi di Bielorussia, Ucraina e Russia hanno sgomberato e vietato dopo l’incidente nucleare di Chernobyl. Ancora, a distanza di 27 anni, 5 milioni di persone continuano a vivere lì e nelle aree vicine, anch’esse fortemente contaminate dalle radiazioni. Tra loro anche centinaia di migliaia di bambini: il rischio di ammalarsi, per loro, è altissimo, come denuncia Legambiente.

E la loro aspettativa di vita è purtroppo molto bassa. Nel solo villaggio di Gden, a 15 km dalla centrale di Chernobyl, oggi abitano 250 persone. 25 sono bambini. Essi vivono completamente abbandonati a loro stessi, mangiando ogni giorno prodotti agricoli fortemente contaminati, così come l’acqua. Queste aree nel raggio di 30 km dalla centrale oggi si stanno ripopolando, col tacito benestare delle istituzioni locali. 5 milioni di persone che continuano a vivere in Bielorussia, Ucraina e Russia in aree con livelli di radioattività pericolosi per la salute (maggiori di 1 curie per chilometro quadrato), si legge nella petizione.

Ecco perché bisogna dire No. Le istituzioni – dichiara Stefano Ciafani, vice-presidente di Legambiente – fanno finta di non vedere che queste zone morte, entro un raggio di 30 km dalla centrale esplosa, si stanno ripopolando. Tutto ciò è inaccettabile: serve una seria presa di coscienza della situazione e doverosi interventi per ridurre i rischi e gli effetti della contaminazione, e l’insopportabile pericolo dell’oblio. Senza interventi tempestivi tutte le persone che vivono nelle terre contaminate sono destinate a morire. Con questo appello chiediamo alla comunità internazionale, a partire dalla Commissione europea, di intervenire subito con programmi e progetti di ricollocazione residenziale per i bambini e le persone che ancora oggi vivono in villaggi all’interno delle zone morte; di sostenere progetti internazionali di monitoraggio ambientale per meglio studiare l’evoluzione della contaminazione radioattiva e attivare così interventi specifici e mirati di bonifica. Infine chiediamo di fermare la costruzione della nuova centrale nucleare già avviata nel nord della Bielorussia, a 50 km chilometri dal confine con la Lituania”.

Secondo Legambiente, inoltre, oltre all’attivazione di progetti e iniziative mirate, è fondamentale intervenire per ridurre i rischi di carattere sanitario che la popolazione residente nelle aree più colpite dal fall-out radioattivo sta subendo in prima persona.

Per firmare la petizione clicca qui.

Francesca Mancuso

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