2012, l’anno nero delle castagne ‘made in Italy’

Anno nero per la castagne. Secondo la Cia quest'anno la produzione subirà un calo fino all'80 percento

La produzione di castagne il prossimo autunno dovrà fare i conti con gli effetti della prolungata siccità. Secondo la Confederazione Italiana Agricoltori (Cia) il 2012 sarà un anno nero per tali prodotti Made in Italy, un vero e proprio disastro economico che colpisce un settore da 46 milioni di euro l’anno con più di 34 mila imprese coinvolte.

Siccità e insetto killer. Quello che ormai è stato definito l’anno peggiore di sempre ha avuto due acerrimi nemici. La scarsità di pioggia e il proliferare dell’insetto killer che proprio a causa della siccità è diventato ancora più dannoso del solito, creando così un mix micidiale di effetti negativi che porterà a una raccolta magrissima, con cali generalizzati dell’80 per cento rispetto ai normali raccolti.

L’insetto killer che sta seriamente minacciando e in alcune aree addrittura azzerando la produzione di castagne e marroni “made in Italy” è un parassita di origine cinese presente in Italia da circa 10 anni, dal 2002. Noto come cinipide galligeno, l’insetto ha ridotto di netto una produzione che fino al 2007 si aggirava piuttosto stabilmente sulle 50 mila tonnellate.

Calo della produzione. Secondo la Cia, tali cifre stanno scendendo drasticamente di anno in anno passando dal 50 per cento in meno nel 2010 al 70 per cento in meno del 2011. E nel 2012 andrà ancora peggio, a causa del caldo torrido e della siccità prolungata, “autentiche sciagure per le piante già debilitate dall’insetto distruttivo che da solo è capace di ridurre lo sviluppo produttivo di una pianta fino al 50-60 per cento“.

Dove. L’area maggiormente danneggiata è quella del viterbese, dove il raccolta tocca lo zero assoluto, mentre in Campania si stima il 70 per cento in meno di raccolto. E proprio in queste aree, che sono le più vocate, a farne le spese sono produzioni d’eccellenza come la Dop di Vallerano (Vt), e le Igp di Montella e di Roccadaspide.

Oggi -conclude la Cia- tante di queste realtà produttive non riescono a recuperare gli alti costi di produzione e spesso sono costrette ad abbandonare i castagneti. È per questo che al disastro economico e sociale si unisce un elevato rischio ambientale, costituito dai tanti ettari di bosco di castagni che non possono più contare sulla manutenzione e sul presidio dell’agricoltore, che svolge il ruolo insostituibile di guardiano del patrimonio boschivo, evitando non solo i roghi, ma anche i possibili fenomeni di dissesto idrogeologico che si innescano con facilità su suoli che hanno subito un incendio e successive precipitazioni fuori dalla norma“.

Per gli agricoltori si tratta di timori più che fondati soprattutto in una stagione come questa, in cui il caldo torrido e la siccità hanno ridotto in cenere una superficie doppia rispetto allo scorso anno, perdendo 35 mila ettari dall’inizio del 2012.

Francesca Mancuso

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook