Test sugli animali addio? Creata la prima pelle artificale

La pelle artificiale offrirà un'alternativa per testare farmaci e cosmetici evitando la sperimentazione sugli animali

Qualcosa di muove sul fronte delle alternative ai test sugli animali. Arriva, infatti, fresca fresca una nuova ricerca su un tipo di pelle artificiale ricavata dalle staminali che potrebbe “mandare in pensione” a sperimentazione animale di farmaci cutanei e cosmetici.

Un gruppo internazionale di studiosi del King’s College di Londra in collaborazione con il San Francisco Veteran Affairs Medical Center (SFVAMC), ha prodotto in laboratorio la prima epidermide (lo strato più esterno della pelle) a partire dalle cellule staminali pluripotenti umane e caratterizzata da una barriera di permeabilità funzionale molto simile a quella della pelle vera.

In buona sostanza, uno strato di pelle per certi aspetti somigliante a quella di noi esseri umani, ma coltivata artificialmente dalle cellule staminali. Questa nuova epidermide messa a punto nei laboratori inglesi garantisce un’alta protezione verso la penetrazione di microbi e batteri, dal momento che le cellule epiteliali sono state prelevate e poi riprogrammate.

Lo scopo è dei più nobili: aprire nuovi orizzonti sulla ricerca medica, contribuire a sviluppare nuove terapie per le malattie rare della pelle e, uno su tutti, offrire un’alternativa per testare farmaci e cosmetici evitando in questo modo la sperimentazione sugli animali.

Nello studio, pubblicato su Stem Cell è stato descritto l’uso di cellule staminali umane pluripotenti indotte (IPSC) per produrre una quantità illimitata di cheratinociti puri, il tipo cellulare che maggiormente si trova nell’epidermide e che corrisponde ai cheratinociti generati da cellule staminali embrionali umane (hESC).

Questi sono stati poi utilizzati per fabbricare in 3D equivalenti epidermici in ambienti ad alta e bassa umidità per costruire una barriera di permeabilità funzionale fondamentale nella difesa del corpo da fattori esterni.

La dott. Teodora Mauro, a capo del team di SFVAMC, ha spiegato: “La possibilità di ottenere un numero illimitato di unità geneticamente identiche può essere usata per studiare una serie di condizioni in cui la pelle è difettosa a causa di mutazioni di geni coinvolti nella formazione della barriera cutanea, come ittiosi o dermatite atopica. Possiamo usare questo modello per studiare come la barriera cutanea si sviluppa normalmente, come vene compromessa da diverse malattie e come stimolarne la riparazione“.

Ma quello che più ci interessa è che con la pelle artificiale si potranno sperimentare farmaci e cosmetici evitando di farlo attraverso i test sugli animali (ancora legali nell’80% dei Paesi). Nel campo della cosmesi, per esempio, conigli, topi, scimmie e cani vengono sottoposti al test di Draize, in cui i prodotti in esame vengono sfregati sugli occhi o sulla pelle per valutarne gli effetti collaterali. Per non parlare delle sostanze chimiche che a volte vengono fatte ingerire dalle cavie per determinare la dose letale.

Un’autentica tortura la cui efficacia, oltre che validità, lascia sempre più ricercatori perplessi. Anche perché le alternative possono essere trovate.

Germana Carillo

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