Censis: in Italia record per il consumo di acqua in bottiglia

Acqua. L'Italia è al secondo posto in Europa per il consumo di acqua in bottiglia, anche se la nostra acqua pubblica è la meno cara in assoluto. Gli italiani proseguono nell'abitudine di acquistare acqua minerale gassata e naturale, anche se potrebbero scegliere l'acqua del rubinetto e nonostante la diffusione delle fontanelle comunali che permettono di prelevare acqua frizzante o senza bollicine ad un costo davvero contenuto e addirittura gratis in alcune zone del Paese.

L’Italia è al secondo posto in Europa per il consumo di acqua in bottiglia, anche se la nostra acqua pubblica è la meno cara in assoluto. Gli italiani proseguono nell’abitudine di acquistare acqua minerale gassata e naturale, anche quando potrebbero scegliere l’acqua del rubinetto e nonostante la diffusione delle fontanelle comunali che permettono di prelevare acqua frizzante o senza bollicine ad un costo davvero contenuto e addirittura gratis in alcune zone del Paese.

Capiamo benissimo la necessità di acquistare acqua in bottiglia in quei Comuni dove purtroppo l’acqua pubblica non è potabile, ma che dire del resto d’Italia? Acquistare acqua in bottiglia porta ad un progressivo accumulo di rifiuti e non garantisce una maggiore qualità e sicurezza. Ad esempio, in Francia, nell’acqua in bottiglia sono state ritrovate tracce di farmaci e pesticidi. In Italia, per acquistare l’acqua minerale, le famiglie spendono ben 234 euro all’anno.

Le nostre tariffe per il servizio idrico sono invece le più basse d’Europa, con 85 centesimi al giorno per famiglia. Restano però i problemi degli acquedotti colabrodo e dei depuratori carenti. A comunicarlo è il Censis, attraverso i risultati del 4° numero del “Diario della transizione”.

In media una famiglia di tre persone con un consumo annuo di 180 metri cubi spende 307 euro all’anno per l’acqua pubblica, 25,6 euro al mese: quanto il costo di una tazzina di caffè al bar al giorno (85 centesimi). Si tratta dello 0,9% della spesa media mensile di una famiglia. Per lo stesso servizio in Spagna si spendono 330 euro all’anno, in Francia 700 euro, in Austria, Germania e Regno Unito 770 euro. Dei 307 euro italiani, solo 143 euro riguardano il servizio di acquedotto.

Sebbene l’acqua pubblica sia a buon mercato, il 61,8% delle famiglie italiane acquista acqua minerale e il consumo medio è pari a 192 litri all’anno per persona. Secondo il Censis, il 31,2% della popolazione non si fida dell’acqua che esce dal rubinetto della propria abitazione: una percentuale che sale nettamente al Sud (si arriva al 60,4% in Sicilia), ma che aumenta ovunque nel caso di allarmi connessi alla potabilità (si pensi ai casi di acqua contenente arsenico).

La spesa per l’acqua minerale delle famiglie italiane equivale a quella per il vino, come sottolinea la Coldiretti: “Con 11,96 euro mensili per famiglia, l’acquisto dell’ acqua minerale ha praticamente raggiunto la spesa per il vino che è stata di 12,01 euro. È quanto emerge da elaborazioni Coldiretti sulla base degli ultimi dati Istat in occasione della divulgazione dei dati Censis sul consumo di acqua minerale degli italiani. La spesa per acqua e vino rappresenta ben il 55 per cento della spesa in bevande che è pari 43,40 euro al mese per famiglia. La spesa media delle famiglie per l’acquisto di acqua minerale varia lungo la penisola da 12,22 euro nel Nord Ovest, 11,38 euro nel nord est, 12,38 euro nel centro Italia, 11,53 euro nel mezzogiorno e 12,43 euro nelle isole”.

Acquedotti colabrodo. Le infrastrutture italiane sono purtroppo carenti e portano ad uno spreco del 31,9% dell’acqua, una quantità enorme per una risorsa tanto preziosa. Infatti, le perdite di rete costringono ad aumentare il prelievo d’acqua alla fonte e espone alcuni territori a disservizi cronici, con interruzioni di erogazione che possono riguardare varie zone, con punte del 29,2% in Calabria. In Germania le perdite di rete sono solo del 6,5%, ma salgono in Francia con il 20,9%.

Depuratori inefficienti. Una questione ancora più problematica riguarda l’assenza o l’inefficienza dei depuratori. Il 20% delle acque reflue infatti viene smaltito senza essere depurato, finendo per inquinare mari, fiumi e laghi. La mancanza di depurazione delle acque reflue ha già causato all’Italia due condanne da parte dell’Europa.

Il 15% della popolazione, con punte del 22% nel Mezzogiorno, non è allacciata ad alcuna rete fognaria e il 30% non è collegato a un impianto di depurazione. Anche nei Comuni capoluogo il 10% della popolazione non è servito da depuratore. Sono a rischio l’ambiente, la salute dei cittadini e l’economia turistica.

La speranza è che la gestione dei depuratori e della rete idrica possano migliorare, ma siamo noi in prima persona – con le nostre scelte di acquisto e di consumo – a decidere se valga davvero la pena di acquistare ancora acqua in bottiglia in grandi quantità anche quando l’acqua del rubinetto o delle fontanelle comunali non presenta problemi di potabilità.

Marta Albè

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