OGM in Italia: il punto della situazione

Gli OGM in Italia: cerchiamo di mettere ordine in questa materia che ci coinvolge tutti e che vale la pena affrontare al di là delle singole posizioni

Finché ci sarò io in Italia gli Ogm non si coltivano“. Lo ha affermato l’8 febbraio scorso, il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia, cercando di porre fine alle polemiche che stanno attraversando il nostro Paese in tema di Organismi geneticamente modificati, meglio noti come Ogm. Il ministro ha inoltre affermato la volontà del suo dicastero di intervenire sulla questione Ogm sì Ogm con un decreto o con altri strumenti: “nostiamo valutando“, ha detto. Ma vediamo di mettere ordine in questa materia che ci coinvolge tutti e che vale la pena affrontare al di là delle singole posizione politiche.

La questione sulla coltivazione degli Ogm in Italia nasce da lontano: si parla ormai da qualche anno della possibilità aprire la strada alle coltivazioni biotech sul nostro territorio, ma è solo recentemente che il tema è venuto fuori con tutto il carico di responsabilità che si porta dietro. Dopo un lungo dibattito infatti il 19 gennaio scorso il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso di un agricoltore friulano, ha stravolto il percorso istituzionale sull’apertura ai semi biotech nel nostro Paese. Il più alto organo della giustizia amministrativa ha infatti “ordinato” al ministero delle Politiche agricole di concludere il procedimento d’istruzione e autorizzazione alla coltivazione del mais MON 810 (geneticamente modificato e per questo resistente ad alcuni insetti) prodotto dalla Monsanto già autorizzato a livello comunitario, senza attendere la decisione delle Regioni sui piani di coesistenza, come invece previsto dall’iter tracciato dal decreto legislativo 212/2001 dall’ex ministro Gianni Alemanno.

Il dicastero dovrà quindi dare il benestare al transgenico, dovendo rilasciare l’autorizzazione alla semina di varietà iscritte al catalogo comune entro 90 giorni dalla sentenza, cioè entro la fine di aprile. In sostanza questo vuol dire che fra tre mesi in Italia si potrebbe iniziare a coltivare il mais MON 810, l’unico prodotto transgenico autorizzato per la coltivazione in Europa.

Una vera doccia fredda dunque per tutti gli addetti del settore. Come dicevano però il ministro Zaia pare ben lontano dal dare il suo ok alla coltivazione del transgenico in Italia. “Continueremo a difendere cittadini e agricoltori“, ha detto il titolare del Mipaaf, commentando la sentenza del Consiglio di Stato, che – ha aggiunto – “contravviene in modo palese alla volontà della stragrande maggioranza dei cittadini e delle Regioni, e degli agricoltori che non vogliono gli Ogm“. “La sentenza non dà il via libera agli Ogm, ma dice che bisogna regolamentare la materia: lo faremo nei modi che decideremo. Gli Ogm in Italia non verranno seminati“, ha ribadito Zaia.

Come era facile immaginare la sentenza ha innescato una serie di reazioni diverse. Parla di “novità di tutto rilievo che sblocca l’impasse che caratterizza la vicenda in Italia” il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni, da sempre possibilista sul tema Ogm. Opposto il parere di Coldiretti pronta ad avviare un referendum “salva made in Italy” per difendere il diritto della maggioranza dei cittadini e agricoltori di mantenere i propri territori liberi dagli Ogm.

Intanto l’associazione ambientalista Verdi ambiente e società (Vas) sta valutando la possibilità di impugnare la sentenza presso la Cassazione, mentre la Confederazione italiana agricoltori (Cia) chiede un decreto, da inserire nel cosiddetto “milleproroghe” (ddl 1955 di conversione in legge del decreto legge 194/09), che blocchi la coltivazione e la commercializzazione di Ogm e predisponga in tempi brevi un Piano per le colture proteiche. Dello stesso avviso anche Slow Food che si schiera contro la sentenza dell’organo della giustizia amministrativa. Il pronunciamento del Consiglio di Stato, afferma l’associazione, “non solo non prende in considerazione la situazione dell’agricoltura italiana, dove l’introduzione degli Ogm comporterebbe un danno economico, rendendola molto meno remunerativa di quello che è ora (e la situazione è già abbastanza grave), ma potrebbe aprire una strada senza ritorno“.

Ma che cosa ne pensano gli italiani di tutta questa situazione? Secondo una recente indagine di Coldiretti-Swg, la maggioranza dei cittadini, precisamente il 72% degli intervistati, non vuole gli Ogm nel piatto, perché giudica gli alimenti modificati geneticamente meno salutari di quelli tradizionali. Insomma tre cittadini su quattro in Italia sono contrari agli Ogm sulle loro tavole.

Nel frattempo, proprio per sventare il pericolo che gli Ogm ci invadano, al Senato, il gruppo dell‘Italia dei Valori (Idv), ha presentato un emendamento al decreto “milleproroghe” che recita così: “sono sospese la sperimentazione in campo aperto e l’avvio delle coltivazioni di organismi geneticamente modificati su tutto il territorio nazionale, fino a quando le Regioni non abbiamo adottato i Piani di coesistenza“. Fino al momento cioè in cui le Regioni abbiano identificato un modo per evitare che una coltivazione Ogm non inquini i campi vicini, coltivati in modo tradizionale (la cosiddetta cross-contamination). Dovremmo aspettare però ancora qualche giorno per sapere se questo emendamento passerà o meno.

Nel nostro Paese si sta quindi formando un evidente movimento di opposizione al tentativo di autorizzare la coltivazione di semi geneticamente modificati che sono già stati proibiti in Francia e Germania. Dopo alcuni anni di coltivazione, nell’aprile 2009 questi due Stati hanno infatti detto stop al mais transgenico a causa di nuove acquisizioni sugli effetti negativi che questo cereale aveva sull’apparato intestinale, sugli organismi del terreno e sulla dispersione del polline. con contaminazioni derivanti dall’impollinazione incrociata tra coltivazioni transgeniche e non (parliamo sempre del fenomeno della cross-contamination). Stop che è seguito a quello già avvenuto in Austria, Ungheria, Lussemburgo e Grecia. D’altra parte, il fatto che la superficie coltivata a mais transgenico in Europa rappresenti meno dell’1% di quella totale, nonostante siano passati dodici anni dal suo arrivo nei campi dell’Ue, conferma che questo tipo di coltura probabilmente non ha gli effetti miracolosi che gli vengono attribuiti dai favorevoli al transgenico.

Ma c’è dell’altro: il mais MON 810 è finito di recente anche nel mirino di uno studio della rivista scientifica francese International Journal of Biological Sciences, che ha messo in dubbio l’attendibilità dei dati utilizzati per l’approvazione all’utilizzo di queste e di altre due varietà di granturco Ogm attualmente in commercio, evidenziandone i possibili effetti negativi sulla salute. Insomma l’autorizzazione al mais transgenico andrebbe quindi a scontarsi con il diritto di noi consumatori a tutelare la nostra salute e con quello degli agricoltori a mantenere le proprie coltivazioni Ogm-free (sempre a causa della mancanza del piano di coesistenza tra colture transgeniche e non transgeniche).

A proposito del piano di coesistenza non bisogna inoltre dimenticare come l’attuale legislazione in materia sia alquanto generica. Il Codice agricolo nazionale, che dovrebbe entrare in vigore a breve, non fissa infatti le distanze tra le colture Ogm e nulla dice di specifico sulla loro collocazione sul territorio. Come ricordato da greeMe.it, questo insieme di norme riprende l’impostazione del Codex Alimentarius in materia di Ogm: l’art. 36 prevede infatti la possibilità di colture transgeniche, senza però imporre vincoli rigidi per evitare contaminazioni alle colture tradizionali. Il rischio di contaminazione incrociata tra le diverse colture esiste dunque ed anche è piuttosto grave.

Ma le notizie si susseguono. È di qualche ora fa la dichiarazione del presidente della commissione Ue, Manuel Barroso, che da Bruxelles dice di non voler imporre la coltura degli Ogm in Europa. È sua convinzione che bisogna sviluppare un nuovo quadro normativo “in linea con gli obblighi giuridici dell’Ue e le attese dei cittadini europei“. Non esiste dunque ancora una decisione politica sull’argomento ma il presidente ha già incaricato il commissario europeo designato alla Sanità, John Dalli, di sviluppare un quadro più consistente ed efficace per gli Ogm, che sarà basato sugli orientamenti che lo stesso Barroso ha indicato per la nuova Commissione che riceve oggi il via libera del Parlamento europeo.

Nel frattempo anche nel nostro Paese la battaglia va avanti. Questo pomeriggio l’Aula della Camera inizierà infatti a esaminare il disegno di legge sul sostegno all’agroalimentare (C. 2260) che contiene un emendamento presentato dal Pd che stabilisce la necessità di indicare nell’etichetta dei prodotti agroalimentari l’eventuale utilizzo di Ogm nella catena alimentare. Non ci resta dunque che vedere cosa ci riserva il futuro, sperando che in ogni caso venga salvaguardata in primo luogo la salute dei consumatori attraverso l’immediata definizione di norme adeguate che coprano i pericolosi vuoti lasciati in materia.

Rosamaria Freda


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