Inefficienza, polemiche, informazione distorta: ecco il nucleare all’italiana

Daremo subito incarico per realizzare fonti di energia nucleare. Così si era espresso il 27 febbraio 2008 il candidato alla presidenza del consiglio Silvio Berlusconi, in piena campagna elettorale, durante uno dei tanti incontri in cui veniva presentato il programma in “sette mission” del Popolo della Libertà. E aveva aggiunto: io credo che in politica non sia importante solo non rubare ma anche rispettare gli impegni. Il seguito è storia nota: la coalizione di Berlusconi, Fini e Bossi vince le elezioni e ancora oggi rappresenta la maggioranza al potere. Ma a che punto è la mission che avrebbe dovuto “porre fine alla dipendenza energetica dell'Italia da altri paesi”?

Daremo subito incarico per realizzare fonti di energia nucleare. Così si era espresso il 27 febbraio 2008 il candidato alla presidenza del consiglio Silvio Berlusconi, in piena campagna elettorale, durante uno dei tanti incontri in cui veniva presentato il programma in “sette mission” del Popolo della Libertà. E aveva aggiunto: io credo che in politica non sia importante solo non rubare ma anche rispettare gli impegni. Il seguito è storia nota: la coalizione di Berlusconi, Fini e Bossi vince le elezioni e ancora oggi rappresenta la maggioranza al potere. Ma a che punto è la mission che avrebbe dovuto “porre fine alla dipendenza energetica dell’Italia da altri paesi”?

Cominciamo dall’informazione. Il ritorno al nucleare è stato accompagnato da una massiccia campagna mediatica in cui i politici di turno – e non solo loro – parlavano dei vantaggi dell’atomo. In particolare ha fatto scalpore lo spot proposto dal Forum Nucleare Italiano, in cui gli argomenti pro e quelli contro venivano proposti secondo un punto di vista obiettivo… in teoria, perché in pratica sono stati moltissimi a mettere in dubbio l’approccio aperte virgolette neutrale. E a ragione, visto che il 18 febbraio scorso il Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria ha bocciato e ritenuto ingannevole la pubblicità. Che ora è stata riproposta con l’aggiunta finale: Noi siamo favorevoli, e tu?

Noi no, è la risposta di molti cittadini. I comitati “No al nucleare” sono così tanti che il 29 maggio si voterà con un referendum se andare o meno avanti sulla strada dell’atomo. Peccato che i numerosi convegni e le proposte di Governo da una parte e Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) dall’altra, dimostrano che l’eventuale vittoria del no e tutt’altro che gradita. Pochi giorni fa, a questo proposito, il ministro Maroni ha messo sul piatto l’ipotesi di posticipare al 12 giugno il referendum stesso, scorporandolo così dalle elezioni amministrative e, di conseguenza, rendendo la partecipazione dei cittadini molto più incerta.

Ma disinformazione e boicottaggio sono solo la punta dell’iceberg. Sotto il pelo dell’acqua c’è la gigantesca burocrazia, l’incompetenza dei soggetti coinvolti, lo scarsissimo senso dello stato, e tanti altri problemi cronici che – in ogni campo – affliggono il nostro paese da quarant’anni a questa parte. Basti pensare che solo quattro regioni hanno finora espresso parere positivo alla localizzazione delle eventuali centrali nucleari nel loro territorio: Veneto, Lombardia, Piemonte e Campania. Cosa non di poco conto, visto che il parere delle regioni, come ha deciso la Corte Costituzionale, dovrà essere rispettato.

Di più: la neonata Agenzia per la sicurezza nucleare fa acqua da tutte le parti, tanto che lo stesso presidente Umberto Veronesi è costretto ad ammettere: il lavoro è fermo. Siamo cinque persone e stiamo ancora mettendo su le basi che permetteranno all’agenzia di funzionare. Certo, non abbiamo ancora una sede e succede che dobbiamo trovarci a discutere attorno al tavolo di un bar. Che quadretto bucolico. Sembra quasi di sentire in sottofondo la voce di Gino Paoli: “eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo…

Peccato che la posta in gioco sia così alta che ogni leggerezza potrebbe costarci caro. Anzi, carissimo. Esemplare in questo senso è l’ignoranza apocalittica dimostrata dallo stesso Umberto Veronesi pochi giorni fa, in occasione di unintervista rilasciata a La Stampa. Breve estratto: ci sono essenzialmente tre problemi per quanto riguarda un reattore nucleare. Primo, garantire la sicurezza nel funzionamento ordinario, obiettivo non difficile. Poi c’è la questione delle scorie e mi creda, nessuno mai al mondo è morto per inquinamento da scorie. Infine c’è il fattore umano, la possibilità di poter disporre di personale qualificato è fondamentale. Primo: garantire la sicurezza in un paese come l’Italia è tutto tranne che “non difficile”. Secondo: Chernobyl. Terzo: fattore umano potrà mai coniugarsi con parole come affittopoli, parentopoli e tangentopoli?

E ancora: solo una piccola parte delle scorie richiede millenni per depotenziarsi completamente. Vanno messe in sicurezza, e ci sono le soluzioni per farlo, dentro una montagna o a grandi profondità. Falso. Orribilmente falso, visto che ad oggi l’unico luogo al mondo considerato all’unanimità sicuro (o forse “il più sicuro”) si trova nel sottosuolo di Östhammar, cittadina svedese che si è incaricata dello sporco lavoro dopo sette anni di ballottaggio con l’altra cittadina in carica: Oskarshamn. Nemmeno l’Unione Europea, del resto, ha una posizione chiara a riguardo.

Inutile dire che allo scalpore suscitato dalle parole di Veronesi non sono seguite le sue dimissioni. È chiaro che se queste sono le basi, il futuro si prospetta cupo. La verità è che unica autentica, genuina svolta energetica di questo paese non sarà l’atomo, ma il ricambio generazionale: “son rimasto io da solo al bar, gli altri sono tutti quanti a casa, e quest’oggi verso le tre, son venuti quattro ragazzini, son seduti lì vicino a me, con davanti due coche e un caffè, li sentivo chiacchierare, han deciso di cambiare tutto… questo mondo… che non va”…

Roberto Zambon

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