Parchi italiani: la nuova legge che fa paura a chi ama il verde

Legge parchi, audizione alla Camera: un pericoloso passo indietro per la salvaguardia della biodiversità? Legge sui parchi e le aree protette: una proposta di riforma alla precedente legge ancora in vigore (394/91) è stata approvata in Senato. Ma le modifiche introdotte, dalla gestione dei parchi, alle Aree Protette, alla gestione della fauna, sembrano impoverire molto il testo attualmente in vigore. Le proposte di modifica sono passate ora alla Camera, presso la quale si è svolta un’audizione per chiedere sostanziali modifiche al provvedimento

Legge sui parchi e le aree protette: una proposta di riforma alla precedente legge ancora in vigore (394/91) è stata approvata in Senato. Ma le modifiche introdotte, dalla gestione dei parchi e della fauna, alle norme sulle Aree Protette, sembrano impoverire molto il testo attualmente in vigore. Le proposte di modifica sono passate ora alla Camera, presso la quale si è svolta un’audizione per chiedere sostanziali modifiche al provvedimento.

Il testo era arrivato in aula il 21 ottobre, presentato dal senatore Massimo Caleo, e assegnato alla 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) in sede referente il 19 settembre 2013. Nonostante le proteste di associazioni ambientaliste, docenti ed esperti provenienti dal mondo della cultura, Palazzo Madama ha dato l’ok.

Federparchi fondamentalmente approva la riforma. Pur avendo infatti proposto alcune modifiche, giudica il testo un

lavoro indubbiamente migliorativo rispetto al passato, intorno al quale è importante trovare la più ampia convergenza.

Anche dal fronte agricolo plausi al testo. “La Cia-Agricoltori italiani è sostanzialmente soddisfatta per l’approvazione al Senato del provvedimento sulle nuove disposizioni in materia di aree protette – ci ha scritto Dino Scanavino, Presidente della Confederazione Italiana Agricoltori – Infatti il testo votato riconosce finalmente il ruolo dell’agricoltura di qualità nell’economia dei Parchi, che è stata in questi 20 anni, di fatto, il principale alleato degli enti di gestione per garantire la tutela delle produzioni tipiche locali e un presidio di legalità”.

“La rappresentanza che verrà garantita all’interno dei nuovi consigli dei Parchi è un riconoscimento importante della funzione e dell’importanza che rivestono le aziende agricole sul territorio – ha continuato Scanavino – Ora auspichiamo in un iter veloce alla Camera per arrivare in tempi rapidi all’approvazione definitiva, con alcuni piccoli aggiustamenti utili nell’articolato, in particolare sulla questione “fauna selvatica” e sullo “snellimento burocratico”.

Perché però le associazioni ambientaliste sono insorte nuovamente considerando a voce quasi unanime il testo un pericoloso passo indietro rispetto alla legge attualmente in vigore?

Ecco i principali punti contestati.

Gestione e risorse

Il Presidente e il Direttore dei parchi potranno essere nominati senza competenze specifiche per la gestione, la conservazione e la valorizzazione dei beni naturali e ambientali, denuncia il WWF. Tra l’altro le Riserve Naturali dello Stato, anche quando sono comprese all’interno dei Parchi Nazionali, restano in capo al Ministero delle Politiche agricole, con un’evidente contraddizione gestionale, in quanto il Presidente dei parchi è una carica eletta dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Contestato inoltre il sistema gestionale complessivo. “Legambiente chiede l’abolizione dell’Albo dei Direttori dei Parchi – ci ha detto Rossella Muroni, Presidente di Legambiente, che abbiamo raggiunto al telefono – e l’apertura dei parchi a nuove generazioni, alla componente femminile, all’ingresso di nuove professionalità. I Parchi devono essere i luoghi dell’innovazione e di nuove soggettività che si mettono alla prova”.

“Nel nuovo DDL sui parchi manca quell’equilibrio necessario tra una dimensione nazionale dei parchi con l’altrettanto necessaria partecipazione delle comunità locali – ha continuato la MuroniCi vuole equilibrio, perché i parchi rispondono all’esigenza di difesa della natura che è innanzitutto dello Stato italiano. Questo vuol dire che naturalmente le comunità locali devono essere coinvolte a partire dai sindaci, dagli agricoltori, ma ci vuole una visione generale. Inoltre i parchi devono essere in grado di fare rete e devono avere certezze sul futuro”.

Preoccupa inoltre il silenzio sul potenziamento della sorveglianza e delle dotazioni organiche dei Parchi, considerate drammaticamente insufficienti.

“Il vero punto debole sono le riserve regionali, figlie di un dio minore, insieme alle Aree Marine Protette – ha sottolineato ancora la Presidente di Legambiente – Legambiente chiede un investimento certo pluriennale, perché Parchi Nazionali, Parchi Regionali e Aree Marine Protette costituiscono un ecosistema, un capitale naturale, che rappresenta non solo una ricchezza fondamentale in termini di biodiversità, ma anche la chiave di accesso a un futuro economico di sviluppo territoriale e di difesa del territorio (penso per esempio al rischio idrogeologico)”.

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Mezzi motorizzati ed eliski nella Aree Protette

Ancora nessun divieto esplicito dell’uso dei sentieri da parte dei mezzi motorizzati e di pratica dell’eliski, sci fuoripista e del freeride che usano l’elicottero per la risalita e che rappresenta un’attività pericolosa per la fauna selvatica (su questo punto particolare accento è stato dato dal Club Alpino Italiano). Per le Aree Marine Protette, inoltre, non è previsto nessun ruolo di gestione per lo Stato.

“Nel tentativo di rendere più snella la Legge sulle Aree Naturali Protette, il Senato ha, di fatto, indebolito la portata ‘nazionale’ dei Parchi – ha detto alla Camera Donatella Bianchi, presidente del WWF Italia – accentuando l’influenza di interessi locali e logiche estranee alla corretta gestione del comune patrimonio naturale del Paese”.

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Controllo della fauna

Gli abbattimenti potranno essere condotti anche da cacciatori previa frequentazione di corsi.

“Le “operazioni di controllo” della fauna, trattandosi di aree protette, dovrebbero essere ragionevolmente effettuate soltanto dal personale pubblico di sorveglianza e di polizia ambientale” ha tuonato Annamaria Procacci, Consigliere Nazionale Ente Nazionale Protezione Animali.

Inoltre dagli interventi non sono esclusi gli animali particolarmente protetti dalla legge nazionale di tutela della fauna. E non viene nemmeno considerato il disturbo venatorio che sarebbe causato su tutte le specie dall’uso delle armi, comprese quelle non oggetto di intervento cruento, nonostante l’Unione Europea ponga proprio il disturbo della caccia come uno dei fattori di più forte impatto sulla fauna.

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Caccia nelle aree limitrofe

La riforma, in alcune parti, consente l’accesso dei cacciatori all’interno dei parchi e nelle aree contigue, le zone “cuscinetto” tra il parco e il territorio esterno. Attualmente possono cacciarvi solo i cacciatori residenti nell’area protetta, ma se passasse la riforma potrebbero farlo tutti gli iscritti agli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) in cui ricadono le aree contigue.

E, date le enormi estensioni degli ATC, vi sarebbero ricompresi i cacciatori di Comuni anche molto lontani dalle aree protette, persino provenienti da altre regioni. Inoltre gli animali che si riproducono all’interno delle aree protette diventerebbero facili prede dei cacciatori immediatamente a ridosso dei confini, dove è attualmente proibito cacciare.

“Si tratta di una proposta inaccettabile che abbiamo chiesto di rimuovere dal Progetto di Legge – ha commentato Massimo Vitturi, responsabile LAV area Animali SelvaticiAbbiamo inoltre richiesto che i Parchi diventino delle aree con specificità d’avanguardia, all’interno delle quali applicare il controllo, assolutamente non cruento, della fertilità degli animali che vengono indicati come responsabili dei danni all’agricoltura”.

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Finanziamento e apertura di nuovi parchi

Gli Enti Parco potranno essere finanziati da titolari di attività economiche all’interno delle aree naturali protette e nelle aree contigue con delle royalties. “É inaccettabile l’inserimento delle royalties, che esporrebbero, ovviamente, le zone più pregiate del nostro Paese a tante forme di sfruttamento a fini di bilancio, riducendo i beni naturali a una merce, come pure la fauna selvatica”, scrive l’Ente Nazionale Protezione Animali.

Inoltre potrebbe essere costituito un nuovo parco interregionale sul Delta del Po, decisione fortemente contestata in quanto la legge 394/91 escludeva esplicitamente la possibilità di due parchi nazionali e prevedeva, dopo il 31 dicembre 1993, l’istituzione di un Parco Nazionale.

“Noi chiediamo di non farlo – tuona Rossella Muroni – perché, per l’ennesima volta, si crea un’eccezione alla regola, mentre i parchi hanno bisogno di regole certe e di futuro”.

Roberta De Carolis

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